Paure ataviche

“Ogniqualvolta mi accorgo di mettere il muso; ogniqualvolta giunge sull’anima mia un umido e piovoso novembre; ogniqualvolta mi sorprendo fermo, senza volerlo, dinanzi alle agenzie di pompe funebri o pronto a far da coda a ogni funerale che incontro; e specialmente ogniqualvolta l’umor nero mi invade a tal punto che soltanto un saldo principio morale può trattenermi dall’andare per le vie col deliberato e metodico proposito di togliere il cappello di testa alla gente – allora reputo sia giunto per me il momento di prendere al più presto il mare. Questo è il sostituto che io trovo a pistola e pallottola”. (Herman Melville, Moby Dick, incipit)

Che per mare, se c’è bufera, se l’onda scavalla lo scoglio e se la prende coi primi promontori abusivi, io so come ci si comporta, che conosco cale e ripari segreti. Che se c’è l’uragano che seppellisce di schiuma la spiaggia, che fa giardiniere di praterie di posidonia, che s’arruffa di schiuma il pelo e lancia frangiflutti alla malora, io, che di cauto ossequio sono edotto, m’evito il peggio di deriva. Pure, se del ciclone ti tremano le gambe, se la banchina ed il moletto tremano a terremoto, nemmeno, per il gorgoglio d’onda, se ne vede più la pietra lucidata di feroce risacca, m’attrezzo a resistere, ne ho mestiere. Se la spiaggia e la rena s’intorbidano, si ritraggono della marea incattivita dalle folate, l’assecondo e, rispettoso, me ne faccio paziente ragione oltre le dune, nell’attesa che se n’entri soave ponentino. Né ebbi mai paura, che so che passa, so che serve, del ribollire di Scilla e Cariddi, che restituisce discariche al mondo di sopra, nutre dell’essenze profonde le creature che affollano gli abissi, dove la calma non è che perenne, e di sopra si toglie il legno leggero di scialuppa dallo scoglio. Insomma, mal che vada mi faccio attento, drizzo le antenne, mi muovo con circospezione, m’arrangio di cautele antiche, che non c’è comunque da scherzare.

Ma se vedo doppi petti, nerofumi a bandiera funesta, legioni di contrattualizzati per bave alla bocca, se sento digrignare di denti, urlaioli a cottimo, se scorgo nella buca delle lettere la bolletta a massacro, in lontananza l’inevitabile pompa di benzina, le code a cassa e casello, lì mi si incartapecorisce a brivido di terrore il vecchio pellame. Né mai vi fu tifone che m’orripilò più d’una manovra finanziaria.


32 risposte a "Paure ataviche"

  1. Le manovre finanziarie passano, s’accumulano, come i debiti d’usura mai si estinguono. Un tempo era l’usuraio benefattore che se non prestava a strozzo la vita e gli uomini lo risparmiavano, ma neppure lui dava del suo e soprattutto nei conti in ordine, nel mastro segreto, sotto file di cifre c’era un totale. Ma nessuno aveva l’ordine della risacca, il mutare preciso del vento, neppure il rivolgere e togliere di sabbia per mostrare la miseria sottostante aveva. Non c’era in nessun conto se non la pretesa, ché in questi casi è offesa, d’essere uguali nel totale e indistinti nella somma, cosicché nulla e nessuno, prima o poi sarà forza di natura nell’eseguire i compiti di bilancio, ma miseria che accumula miseria e disordine che prende nome di diseguaglianza crescente. Lasciamo fare alla natura e chi naviga conosce il riparo, casomai insegni chi ne è avvertito il modo di riportare le cose a misura d’uomo e di giustizia sociale, il resto verrà da sé.

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    1. Il riparo è dove non nuotano gli squali in doppio petto. Il mare dove nuotiamo ogni giorno ne è zeppo. Il marinaio abile si rivolge per forza alle forze della natura. Quelli dove nuotiamo sono acquari, stagni putridi, il riparo è fuori da quell’acqua mefitica. C’è un piccolo modo che ciascuno conosce per fare di tutti creature d’acque limpide, di mare aperto. Io sono poca cosa, mi limito a nuotare al largo, faccio la spesa dal contadino, ho il libretto postale come i pensionati della metà del secolo scorso. Imparo a nuotare come posso, mentre tolgo la barca dallo scoglio.

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  2. Mi piacerebbe cavarmela così anche nelle bufere per mondo…
    …. se l’onda scavalla lo scoglio e se la prende coi primi promontori abusivi, io so come ci si comporta, che conosco cale e ripari segreti.
    Buona serata collega 😄

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  3. Del mare bisogna guardarsi ma mai di spalle perché alla fine ci si agita tutto intorno e quindi puoi capire quello che c’è da fare questo è vero il problema è che invece questo mare in cui siamo costretti a navigare per restare a galla perché é difficile trovare un luogo dove fermarsi e aspettare, questo mare fatto di soprusi leggi invivibili e proibitive, contraddizioni manovre… che ti tagliano in due il corpo … Di questo mare non sai mai veramente cosa aspettarti ma soprattutto ha la capacità di coglierti di spalle, come un nemico senza scrupoli e moralità

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  4. Personalmente ritengo che comunque col mare bisogna essere sempre e comunque cauti: non lo si conosce mai abbastanza!!! Un pò come la vita è le sue tempeste… Fortunata

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  5. Non posso fare a meno di apprezzare le tue foto, oltre che la tua scrittura. La foto di quel mucchio di pietre dove si intravede la scritta Pedalare mi ha fatto molto sorridere 🙂
    Eh sì, c’è mare e mare, ed è meglio tuffarsi nelle acque giuste dove non trovi balene predatrici.

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