In morte del grillo
“«Bada, Grillaccio di malaugurio!… se mi monta la bizza, guai a te!…».
«Povero Pinocchio! Mi fai proprio compassione!…».
«Perché ti faccio compassione?».
«Perché sei un burattino e, quel che è peggio, perché hai la testa di legno».
A queste ultime parole, Pinocchio saltò su tutto infuriato e preso di sul banco un martello di legno, lo scagliò contro il Grillo parlante.
Forse non credeva nemmeno di colpirlo; ma disgraziatamente lo colse per l’appunto nel capo, tanto che il povero Grillo ebbe appena il fiato di fare crì-crì-crì, e poi rimase lì stecchito e appiccicato alla parete.” (Le avventure di Pinocchio, Collodi)
Se ne vede di gente spiaccicata alle pareti, a destra e manca, poveri scemi che non vollero far di sé burattini obbedienti. Di manganelli e fermi a ragazzetti ce n’è a iosa, pure a rango più elevato si cheta con il «non parli», che il momento è greve. E tutt’intorno è stessa solfa, se persino al greco illustre si tolse parola a patria di welfare, e cugini d’oltralpe fanno uguale, che è proibito si menzioni strage continua. Termini per massacro non sono cosa di società civile, gli affari sono affari e se c’è crisi, massacro, invece, quello diventa di persona dabbene, che massacro fa levitar vendite di bomba, economia si risana così. Se non c’è virus malvagio e con occhio a mandorla, si faccia almeno repulisti sinché ce n’è di tal questo e tal altro a suon di bombarda a saldo di vendita. Quelli, i cattivi, fanno di censura loro arma pregiatissima.
E noi rispondiamo con arma assai più potente, che non venga messaggio che civilissima civiltà sia da meno a far che d’aggressione tremenda si taccia, per non guardare, non vedere, che ebbe tradizione d’espletamento grande e divertente di gioco delle tre scimmiette. La piazza affollata per pace non esiste, se non ha follower e mi piace di sufficiente numero non fece tempo a costituirsi parte civile che venne sciolta. Ma fu colpa di cinici e spietati, oppure i burattini che non s’avvidero che bomba e strage è a un passo preciso da loro, non ebbero occhi per vedere e plaudirono a pallon che rotola o a racchetta a cacciar mosche? Povera itaglia, povero mondo, che non c’è più acqua da bere, ma tanta ne viene giù precisa, ad annaffiar albero di legno giusto per fabbrica di burattino.
«La società non è cultura perché la cultura non è società. E la cultura non è società perché ha in sé l’eterna rinuncia del “dare a Cesare” e perché i suoi princìpi sono soltanto consolatori, perché non sono tempestivamente rinnovatori ed efficacemente attuali, viventi con la società stessa come la società stessa vive. Potremo mai avere una cultura che “‘Sappia proteggere l’uomo dalle sofferenze invece di limitarsi a consolarlo? Una cultura che le impedisca, che le scongiuri, che aiuti a eliminare lo sfruttamento e la schiavitù, e a vincere il bisogno, questa è la cultura in cui occorre che si trasformi tutta la vecchia cultura.» (E. Vittorini, Il Politecnico n. 1, 29 settembre 1945)