La guerra è finita
Ora che pure la Svizzera è a tremore, frontiera extracomunitaria s’apre pure a nord che è fatto necessario pure a fronte alpino alzare muro elevatissimo, quasi quasi pure blocco navale a bosco fitto. Comunque m’è a memoria altra cosa che scrissi, a testimonianza che di banca che scoppia, che pare sotto a bombarda di guerra, ne so cosa poca e ad altri m’affido.
“Lo spettacolo è il brutto sogno della società moderna incatenata, che infine non esprime che il suo desiderio di dormire. Lo spettacolo è il custode di questo sonno (…) Lo spettatore più contempla, meno vive; più accetta di riconoscersi nelle immagini dominanti del bisogno, meno comprende la propria esistenza e il proprio desiderio.” (Guy Debord)
Che vado ancora di musica, ch’è meglio.
Io, con le cose di finanza, ho poca dimestichezza, praticamente so che esiste la vil moneta, ma lei mi evita, e pure io non la cerco che non saprei dove. Poi, da che mi sono fatto prof, questo rapporto è divenuto assai più evanescente, ancorché la cosa sia a concreta spiegazione in mutui più spese varie.

Che l’ultima volta ch’ebbi a che fare con banca, mi ci trovai a sportello con direttrice una zia, donna devota, cortese e garbata che, come altre congiunte, causa mia scelleratezza riguardo alle cose del mondo, ma anche alle vicende mie di spirito, mi diseredò ad libitum. Tra le tante nefande cose da me compiute, di cui mi rendo conto e mi dolgo con desiderio di contrizione prolungata, vi fu quella che feci allora allorché la pia donna mi invitò ad accomodo nel lussuoso ufficio di cui era comandante suprema. Premetto che, a quel tempo, operando in qualità di pennivendolo, godevo di miglior fortune economiche, tanto da potermi garantire, qualora avessi insistito, ruolo su questa terra qual ricco e spietato, pari a Conte di Montecristo. Optai, com’è noto, per depilazione da pelo allo stomaco, finendo per professoreggiare in attesa di rinnovo contrattuale come deserto attende pioggia. Ma in banca c’ero per versare assegno di lauto compenso professionale per scrittura a cottimo, che Ella, la pia zia, mi richiamò all’ordine, che parevo – mi rimproverò – che avessi soldi a libretto postale, come becero pensionato a procaccio di favori di cassa mutua. Mi paventò destini aulici di arricchimenti sorprendenti con colpi d’obbligazioni, titoli e derivati. Io, irrispettoso, egoisticamente legato al tirare a campo più che a destini fulgidi, optai per chiusura di conto immediata con esito finale del risparmio a libretto postale. Poco importa se la banca, da lì a poco, si sorprese gambe all’aria, che questo è prezzo che si paga a progresso, che la pia zia, piè veloce, si sottrasse a disfatta con pensione d’anticipo. Riconosco, però, virtù di competenza d’alta finanza a taluni che non siedono ad alto scranno. Tra questi, il mite Giorgio, storico centralinista di Camera del Lavoro, lo è a spanna sopra gli altri. Che con lui, bicchier di vino e fiasco poco distante, cercai di capire se guerra fosse. Ch’egli mi disse di no, che non sarebbe stato necessario che l’obiettivo era raggiunto, la guerra già vinta ed il nemico domo. E io, già ad elmetto, mi schernii per notizia di spiazzo. Che mi spiegò che in realtà virtuale, la guerra annunciata a reti unificate, significava schizzo di prezzi, dunque casse di stato piene ad IVA ed accise d’ogni bene, a ripianar debiti da pandemia, a risalita di PIL per bonus a bandito maggiore, per sgonfio di bolla. Che mi sfuggiva chi fosse il nemico domo, ch’egli, saggiamente rispose: “non t’avvedi di colpo d’obice ad alzo uomo ricevuto a buca della lettera e a cassa di spesa?”.