L’insostenibile insipienza dell’essere (a ribattenza)
Ribatto, che non è mai troppo!
“Alcuni anni fa – non importa quanti esattamente – avendo pochi o punti denari in tasca e nulla di particolare che m’interessasse a terra, pensai di darmi alla navigazione e vedere la parte acquea del mondo. È un modo che ho io di cacciare la malinconia e di regolare la circolazione. Ogni volta che m’accorgo di atteggiare le labbra al torvo, ogni volta che nell’anima mi scende come un novembre umido e piovigginoso, ogni volta che mi accorgo di fermarmi involontariamente dinanzi alle agenzie funebri e di andare dietro a tutti i funerali che incontro, e specialmente ogni volta che il malumore si fa tanto forte in me che mi occorre un robusto principio morale per impedirmi di scendere risoluto in strada e gettare metodicamente per terra il cappello alla gente, allora decido che è tempo di mettermi in mare al più presto. Questo è il mio surrogato della pistola e della pallottola. Con un bel gesto filosofico Catone si getta sulla spada: io cheto cheto mi metto in mare. Non c’è nulla di sorprendente in questo.” (Herman Melville, Moby Dick)
Non v’è sorpresa nel desiderare di prendere il largo, pure se non c’è meta, che è desiderio d’avventura appagante attingere a quella enorme vasca da bagno che talora s’inquieta. Anzi, se meta c’è, questa non presuppone la deriva, richiede tratte precise, che sono quelle scritte con sapiente crudeltà certosina a definizione di rotte di grandi carghi, che caricarono merci che si fecero dentro di noi varco inesorabile cacciando il resto. Lasciando recluso ad angolo infimo il desiderio di vertigine che c’è nella scoperta, nell’accettare la deriva quale opzione plausibile, financo irrinunciabile. Ché in fondo ad ogni deriva c’è una terra nuova che si fa sorpresa, ed assai più sorpresa è sapere che oltre quella terra è ancora possibile una deriva al senso dell’arrivo, per un’altra terra, poi un’altra.













Perché è possibile immaginare esistenze altre fuori dal preordinato che rende torvi e assenti, intrisi di pensiero preconfezionato, a conservazione di sotto vuoto spinto ed accumulo in testa. È possibile riprendersi l’esatto contrario del far come convenuto, prima della follia dell’annichilimento, del pensiero che muore, del sogno spento. È possibile far grandi pulizie d’inutile fardello accumulato un tanto al chilo, per esigenza d’altro che non si curò della natura d’uomo, la ridusse a cloaca massima di rifiuto a spaccio d’occasione imperdibile. Non è ancora tardi per la prua rivolta vento alle spalle, che sarà quello e l’onda a convincere di svuotare le stive che appesantiscono navigazione spigliata, scivolamenti agili e perfetti su scogli che, invece, non concessero visto di sorpresa a chi muove se stesso con carico infinito. “Getta via il ciarpame, amico! Che la tua barchetta sia leggera, e porti soltanto ciò di cui hai bisogno.” (Jerome Kapla Jerome). Al massimo qualche bottiglia di vino in più.