Cose serie
Che c’è morto ad ammazzo un po’ ovunque, e così che mi viene di rifare scrittura antica. Ma v’aggiungo musica ad uopo di novità assoluta, proprio a dov’ero rimasto. Che tanto io non sono cosa che si prende sul serio, mi feci nessuno ed al massimo m’attrezzo a guardar la neve dal balcone, sempre che non scoppi temporale, o se scoppia faccia cosa seria, mica nevischio di bruma, piuttosto evento furibondo che sollevò lo mondo.
“Può capitare che viene di far discorso serio a taluno, che io non mi sottraggo dal prurito di farne, che dura poco che poi m’avvedo a ben donde che è cosa che non mi compete. A scanso d’equivoco vado di musica, che chi passa da qui per quello, almeno, s’arritrova appagato.
Che parlar di cosa seria non m’appartiene vieppiù se mi devo mettere a parlare di vento di guerra, che quella, la guerra intendo, è cosa seria assai, oppure, come direbbe il vecchio Mike, che fu – sinché non si decise per mondo altro, se tale c’è – compagno mio di bevute epiche e jazz a stronco, è cosa seriosa, che male s’era attrezzato a italiano. E pure io sono attrezzato male di cose serie, che nacqui su uno scoglio, coi piedi a mollo, a spalmare testa di sarda e aglio su una fetta di pane raffermo, che più m’aggrada lo sproloquio, e non ho tempra nemmeno spessore per parlar di evento bellico andato o futuro.









Quello è mestiere che ritocca a migliori, di doppio petto suggellati per la propria candida versione di fatti, pure di misfatti. Se dico la mia al più suscito ilare sdegno, che son nessuno. Come mi permetto? Ma lo dico lo stesso, fingendo di non essere quel che sono – che poi è e sarà nessuno -. Ma cari miei, che vi voglio bene lo stesso, che a tutti ne voglio, signori di guerra per sangue spalmato a sette continenti, ma avete mai visto nei dintorni di vostro sguardo pervicace uno specchio? Che se quello non vi dà risposta adeguata a più bello del reame, che v’è d’inghippo aprire una finestra e guardarvi una nuvola? Né vi è prova provata che mai vi siete fatti fetta di pane e olio con bicchiere di vino su una panchina in riva al Mar d’Africa o qualsivoglia altro specchio d’acqua a pennello. Nemmanco libro vi siete letto per solo desiderio di solluchero, e non per studio di derivate a circuito bancario, o di strategia a più morto ammazzato, o anche di giurisprudenza a furor di forca ad ultimo e premianza solidale per sodali vostri. Mai vi siete soffermati davanti a dipinto commovente, perdendovi in profondità dello stesso o in estro d’artista senza desiderio che bene ci stava in dimora vostra a salotto. Che mai passeggiaste in campetto di periferia felici di respiro per verde malmesso, come attraversaste Patagonia o Borneo, dopo settimana a cottura a sole in cantiere di strada, o bruciacchiatura ad altoforno, o psicotica conversazione a pubblico dentro ufficio sgangherato, o a capo chino e schiena rotta per cottimo in serra incandescente. Neppure v’è testimonianza che a ridere foste in osteria di quartiere dimenticato, di borgo diruto e dimentico d’ogni fasto che mai ebbe cartolina, con quattro altri, o poco più, che di canzone dissonante faceste colonna sonora a fiasco perfetto, in abbraccio di paglia. Manco mai vi adagiaste a salotto per sigaretta dopo aver fatto carta da parati di bolletta selvaggia, nemmai vi sconfinferò San Valentino personale a giorno altro che quello.
Mi scappa, così, per schiribizzo, che se metà di ciò vi fosse avvenuto, pure se per periodo limitato, vi verrebbe meno volontà di guerra. Ma io son nessuno, dunque, che ve lo dico a fare che non capisco? Piuttosto, che sono poco serio che guerra non ne faccio, mi stappo un fiasco e vi lascio con pane e pomodoro, che mai fu più felice che oggi la scelta, pur se ve la diedi di già.”
“È indispensabile che tutti gli esseri e tutti i popoli saggi della terra capiscano che pane e pomodoro è un paesaggio fondamentale dell’alimentazione umana. Piatto peccaminoso per eccellenza perché comprende e semplifica il peccato rendendolo accessibile a chiunque. Piatto peccaminoso in quanto può significare un’alternativa a tutto ciò che è trascendente, a tutto ciò che è pericolosamente trascendente, se diventa cultura della negazione. Non fate la guerra ma pane e pomodoro. Non votate per la destra ma mangiate pane e pomodoro. No alla NATO e sì al pane e pomodoro. Ovunque e sempre. Pane. Pomodoro. Olio. Sale. E dopo l’amore, pane e pomodoro e un po’ di salame”. (Manuel Vasquez Montalban)