Radio Pirata 64 (grande è il disordine sotto il cielo)
Ed arriva a farsi Sessantaquattresima puntatissima pure Radio Pirata che fa concorrenza durissima a grande kermesse che tutto paese di suonatori mette in fila appassionatamente a far tifo per capolavoro immortale, e questo forse vince, ma forse no, ma se si fa passaggio a passerella floreale è roba da commozione comunque che comunque vada è successo conclamato da critica e pubblico. Che c’è chi piange d’adorazione e chi invece piange ch’è allergico a fiore ad oltranza, pure c’è chi piange per grande disordine cosmico. Radio non teme sfida d’Auditel che ha pacchetto solido d’ascoltatore e per puntata in corso s’attrezza a palmares per consegna di premio per taglio di traguardo a man bassa d’ascoltatore.
E si comincia subito che si fece fuori buona parte di giovani collaboratori che si cerca nuove leve da lanciare in produttivissimo mondo di spettacolo che Radio Pirata è, a detta d’estimatori competentissimi ed esperti marketing pure social, trampolino perfetto per carriera bruciante ed aspirazione di diventare numero nessunissimo. Ecco che da cast emerge tal giovane talento cui si concede parola e si spera bene: «Non tutte le prigioni hanno le sbarre: ve ne sono molte altre meno evidenti da cui è difficile evadere, perché non sappiamo di esserne prigionieri. Sono le prigioni dei nostri automatismi culturali che castrano l’immaginazione, fonte di creatività.». (Henri Laborit)
Mi scuso con radioascoltatori che beccammo un altro che ha testa a favore di vento di scirocco, che straparla. Esperto di casting per Radio ha giorni contati che contratto cococo glielo faccio ad uso di doppio velo morbido ed avvolgente e lo metto ad addetto di pulizia WC a cottimo. Per far perdono collettivo vado di musica.
Si procede subito con notiziola che c’è blocco totale ad opera di cingolato che non fu carrarmato sovietico come a temenza passata bensì cosa semovente da campo. Fortuna è che c’è saggezza d’istituzione che dice che protesta è cosa buona e giusta e si fa concessione che s’usa pesticido ed ogni altro orpello che fa venir su zucca a forma di pallone tensiostatico. Così consumatore viene dissuaso a far passeggiata a favor d’aria buona e non lesina presenza sua a grande e grosso supermarket energivoro per acquisto ad oltranza, che passeggiata boschiva mai influenzò PIL. Che saggio governante capisce meriti di crescita economica a tutto spiano e pure a spiano tutto. E se taluno protesta per cambio di clima con lancio di zuppa precotta e blocco di striscia pedonale si fa ergastolo che non si blocca servizio. Che blocco di servizio non è assedio di detto cingolato, al più è ferrotramviere che fa a protesta che arrivo a fine mese pare più complicato che mezzo nuovo a prossima fermata. Per pretesa tale merita precetto di «ti presenti al lavoro o vai a pena d’ammenda pari a stipendio stesso moltiplicato per anni ad arrivare a pensione che è a fine pena mai.»
Sentiamo quest’altro che ce lo porti buono e non dica minkiate come ormai pare d’uopo a chi vuol successo facile con passaggio a Radio Pirata. «Io spero sinceramente per amore della posterità che, se la terra dovesse perdere quella beltà che deve alle cose, che un’accrescimento illimitato di ricchezze (…) farebbe estirpare onde alimentarne una quantità maggiore, cosa aderirebbe a rimanersi stazionaria assai prima che la necessità ve la obbligasse. (…) Vi sarebbe sempre un altro scopo per ogni specie di cultura mentale, e pei progressi morali e sociali; vi sarebbe luogo, come prima, a perfezionare l’arte della vita e vi sarebbe eziandio più facilità per farlo.» (John Stuart Mill) Niente, non ce la possiamo fare, pure questo pare ha cambiato spacciatore.
Va beh, si continua che pare non c’è scampo a delirio vario, ‘sti giovani non hanno più voglia di lavorare a mondo dello spettacolo con sacrifico di preparazione. Speriamo nelle donne. «Qualche volta ho la sensazione di non essere un vero e proprio essere umano, ma appunto qualche uccello o un altro animale in forma di uomo; nel mio intimo mi sento molto più a casa mia in un pezzetto di giardino come qui, oppure in un campo tra i calabroni e l’erba, che non… a un congresso di partito.
A lei posso dire tutto ciò: non fiuterà subito il tradimento del socialismo. Lei lo sa, nonostante tutto io spero di morire sulla breccia: in una battaglia di strada o in carcere. Ma nella parte più intima, appartengo più alle mie cinciallegre che ai “compagni”. E non perché nella natura io trovi, come tanti politici intimamente falliti, un rifugio, un riposo. Al contrario, anche nella natura trovo ad ogni passo tanta crudeltà, che ne soffro molto.» (Rosa Luxemburg) Ecco, un uccello si sente, ma io glielo dico ai giovani di lasciare stare le cose pesanti, fanno male.
Che vi devo dire, mi dispiace per ospite irrequieto e con poco sale. Ma non è che ad altra parte per megalitica kermesse c’è meglio assai. Vi lascio però con rinfreschino e musica che abbiamo budget elevatissimo. «È indispensabile che tutti gli esseri e tutti i popoli saggi della terra capiscano che pane e pomodoro è un paesaggio fondamentale dell’alimentazione umana. Piatto peccaminoso per eccellenza perché comprende e semplifica il peccato rendendolo accessibile a chiunque. Piatto peccaminoso in quanto può significare un’alternativa a tutto ciò che è trascendente, a tutto ciò che è pericolosamente trascendente, se diventa cultura della negazione. Non fate la guerra ma pane e pomodoro. Non votate per la destra ma mangiate pane e pomodoro. No alla NATO e sì al pane e pomodoro. Ovunque e sempre. Pane. Pomodoro. Olio. Sale. E dopo l’amore, pane e pomodoro e un po’ di salame». (Manuel Vasquez Montalban) Il vino lo offre la casa🍷🍷.