Radio Pirata 59 (per destini fulgidi e progressivi)

Radio Pirata torna, dopo lunga e sofferta assenza, per puntatissima di grande musica e notizia Cinquantanovesima che nessuno sperava ci si arrivava così, a puro slancio di lancia in resta. Che c’è cosa di cui conversare con sereno distacco di felice fine estate al calor bianco per ripresa di stagione di lavoro che comincia benissimo. Che si va subito di musica con pezzo riempipista a far muovere chiappe stanche.

E se stagione di lavoro ventre a terra comincia è bene che sia a gran carriera, anzi a locomotiva che sfila via come cosa viva, che lascia a casa cinque in disgrazia affratellati di giovane età ancora, a ben lontano da pensione che su cedolino INPS c’è scritto fine pena mai. Che salario pare cosa poca a pagar rito funebre per chi resta e fruga a tasche spente per cercar obolo di esperto a tumulazione rapida ed efficace di caro congiunto, ma pure se è disgiunto tocca pagare.

Ed è tempo di grande sollucchero per branco un po’ qui un po’ là, che rammarico pare che sia branco di colore inesatto che s’era di colore giusto c’era grande indignazione a maggior condivisione. Ma c’è gran parlare a chi dice che è cosa disdicevole assai per fanciulla che si fa beverone che s’incorre in pericolo. Io, che non m’adeguo, dico che è giusto, non per pericolo crescente di lupo famelico – ma sarà lupo famelico? – ma perché se tot di popolazione rinuncia a beverone mercato soffre e prezzo cala, e io acquisto a prezzo più composto pe certe esigenze mie di dissetamento.

Grande artista fa cagnara che esegue lectio magistralis di portata epocale e pubblico non capisce, non smentisce sua natura equivoca, che se non capisce, com’è giusto che sottolinea generalissimo in grande best seller, non è normale e se non è normale come minimo è di deviazione assai manifesta. Che siamo figli dei tempi, «pronipoti di sua maestà il denaro», tanto per citare qualcuno che fu tirato in ballo per botteghino facile di smercio di roba di pregio non ancora conclamato.

Che Radio ricorda sbarco a mille mila di migliaia di disperato a cerca di ventura, quota parte del quale si fa a mangime ad ingrasso di pesce, e tira in ballo tale che cerca notorietà ad antenne di prestigiosissima emittente quale questa è senza tema d’esser seconda ad eventuale concorrenza.

“Il mare non ha il colore del vino, ha ragione il professore. Forse nella prima aurora, o nel tramonto: ma non in quest’ora. Eppure, il bambino ha colto qualcosa di vero: forse l’effetto, come di vino, che un mare come questo produce. Non ubriaca: s’impadronisce dei pensieri, suscita antica saggezza”.

Radio Pirata ringrazia ogni ascoltatrice, pure ogni ascoltatore – ma con riserva – e vi dà degno appuntamento a grande celebrazione per puntatona che si fece a Sessanta dove magari si potrebbe parlare di futilità materiali come cambio di clima che non c’è ma fa casa scoperchiata ed alluvioncino di qua e di là, guerra che non si finisce e s’allarga ad ogni dove, ma fa mercato a guadagno facile d’arma o raddoppia.

Radio Pirata 58 (con l’aria della crisi)

Radio Pirata si fa a Cinquantotto senza tema di smentita che tante sono state le puntatone a rutilante show imprevisto che squarcia la monotonia dell’esistere, l’insostenibile insipienza dell’essere. E si fa con tanto di devozione a musica nostrale, come salame felino e stracotto, pecorino a sovranità indifferenziata, cipollotto a denominazione tipica, pure protetta, che poco ha d’importanza a fabbricazione esatta di braccia a sottrazione d’annego per sfrutto facile. Musica si faccia ch’è d’orgoglio di nazione per inno a fedeltà a famiglia precisa senza infingimenti.

E visto che piove che pare che Giove Pluvio si sia distratto e gli hanno rubato lo sciacquone, è meglio che guerra si faccia a grande diga che tanto se crolla e non fa più ritenzione idrica c’è a non importanza della cosa, ché a dimostrazione che ancora la bomba scorre veloce e fertile senza preoccupazione di disfattista a medaglia di zar che svanvera che magari ci si ferma un tanticchia. Faccio pausa per ode all’alto della decisione di sparacchio ancora, pure a fatto di smentita financo di Papa.

Che a Radio non manca certo notizia buona, ma ora è tempo di passar parola a giovane collaboratore che freme per aver palcoscenico di grande rilevanza e visibilità imperitura come solo emittente più appiratata di tutti riesce a dare alla bisogna.

“Le strade pullulavano di gente assetata di lavoro, pronta a tutto per il lavoro. E le imprese e le banche stavano scavandosi la fossa con le loro stesse mani, ma non se ne rendevano conto. I campi erano fecondi, e i contadini vagavano affamati sulle strade. I granai erano pieni, e i figli dei poveri crescevano rachitici, con il corpo cosparso di pustole di pellagra. Le grosse imprese non capivano che il confine tra fame e rabbia è un confine sottile. E i soldi che potevano servire per le paghe servivano per fucili e gas, per spie e liste nere, per addestrare e reprimere. Sulle grandi arterie gli uomini sciamavano come formiche, in cerca di lavoro, in cerca di cibo. E la rabbia cominciò a fermentare.” (John Ernst Steinbeck)

“Rifare tutto. Fare in modo che tutto diventi nuovo; che la nostra falsa, sporca, tediosa, mostruosa vita diventi una vita giusta, pulita, allegra, bellissima. Quando tali idee, latenti da tempi immemorabili nell’animo umano, nell’animo del popolo, infrangono le pastoie che le incatenavano ed erompono come un tempestoso torrente, finendo di abbattere dighe, facendo crollare superflui lembi di argini, ciò si chiama rivoluzione. In modo più o meno moderato, più mitigato, si chiama rivolta, sommossa, rivolgimento. Ma ciò si chiama rivoluzione.” (Alexandr Alexandrovic Blok)

E pure se siamo a grande chiusura di trasmissione più seguita d’ogni tempo su questo blog, mi cerco portavoce di certa propensione alla devianza rispetto a normalità che pure aleggia da queste parti. “Perché per me l’unica gente possibile sono i pazzi, quelli che sono pazzi di vita, pazzi per parlare, pazzi per essere salvati, vogliosi di ogni cosa allo stesso tempo, quelli che mai sbadigliano o dicono un luogo comune, ma bruciano… bruciano… bruciano come favolosi fuochi artificiali color giallo che esplodono come ragni attraverso le stelle e nel mezzo si vede la luce azzurra dello scoppio centrale e tutti fanno ooohh.” (Jack Kerouac)

Radio Pirata 57 (buon non lavoro)

Che Radio Pirata si fa Cinquantasette che è Festa di Lavoro, pure faccio auguri a chi lavora e a chi no, che cerca a disperazione che Costituzione ad Articolo 1 pare non c’è o se c’è manca di specifica a “sfrutto”, e pure a ripudio di guerra d’articolo 11 si fa occhiolino distratto. Ma vado di musica che è compito statutario di trasmissione per pace, dunque pare con colbacco in testa.

Che morto ammazzato di lavoro, dice statistica – che la fa cervello asettico di matematica -, è a due al giorno da inizio d’anno. Che è solo storia di distratto a distrazione mosso, che muore a metto piede in fallo mentre passa betoniera o caterpillar, pure scivola d’ascensore, inciampa da impalcatura, precipita da palazzo e ciminiera, non collaborò col dire son morto per destino cinico e baro.

Che di tanti morti d’ammazzo pare guerra guerreggiata, ma è roba disfattista se oggi a bandiera colorata si dice basta con tale guerra, pure con altra che tuona di bomba. E io vado di suono giusto, che faccio colonna sonora.

Che radio si ripete se dice che cotali creature di cervello raffinatissimo dice che è scandalo a chiedere soldo per lavoro a ore senza tetto, che a tali posti già è a pagamento onore di fatica, pure se è a sgobbo indefinito, che s’impara a far fame dove si serve porzione dabbene. Che pure questo è paese civile che istituzione non s’indigna, nemmanco popolo fa gesto di sorpresa e dice ad illuminatissimo, sai che c’è, che forse è meglio che conosci via d’esilio a paese civile dove lavoro è a schiavo, che qui non si dice, pure se è. Musica sia, per lavoro a cottimo un tanto al chilo e contratto di clausura con vita altra che non è a facchinaggio.

Che è giorno di rischio orrendo questo che pare sia ad intenzione di taluni manifestanti per lavoro, protesta pure contro guerra, dunque contro lavoro di persona dabbene che fabbrica, ad onesto progetto per futuro fulgido, bomba ad esplodo certo, per taglio armata industriale di riserva e creo occupazione a sterminio di pretendente. Ma anche faccio di profugo clandestino prodotto di braccia a costo basso, che lavo piatto, colgo pomodoro e, a senza diritto, calmiero prezzo di centro commerciale per salsina gourmet. E meritevolissiono dice basta a tal schiavo d’altro pianeta, che schiavo sia anche autarchico senza sostituzione di massa sottomessa. Musichissima di lavoro concedo ad ascolto di meritato riposo di weekend.

A dire buon lavoro pare ossimoro, che, a cautela, faccio spiegare da collaboratore subordinato con contratto di apprendistato, prima che faccio di lui censura che nacque in posto strano: “Siedo sulla schiena di un uomo, soffocandolo, costringendolo a portarmi. E intanto cerco di convincere me e gli altri che sono pieno di compassione per lui e manifesto il desidero di migliorare la sua sorte con ogni mezzo possibile. Tranne che scendere dalla sua schiena.” (Lev Tolstoj)

Buonissimo 1° Maggio, senza lavoro!

Radio Pirata 55 (anteprima d’8 Marzo)

Radio Pirata torna per occasione di buon 8 Marzo, e non a liturgia, per attivo sostegno a giorno di riflessione e lotta, che donna non sgancia bomba (almeno pareva così). E ad amor di vita e pianeta, anche a sostegno di donna, prometto, a solennità imperitura, che non salto fuori da torta in costume da gattopardo in locale di lustrino esagerato, che anche occhio vuole la sua parte. E do spazio a giovani collaboratrici a conduzione di puntata Cinquantacinque, a parziale ripresa di fatto già fatto. Ma prima d’immantinente vado a musica, faccio ricordo strenue per donna che perse figlia o figlio per morto d’annego (che a taluno parve di scarsa responsabilità ed intemerato egoismo), ma pure a donna d’Iran e d’Afghanistan che a memoria corta si fecero a ce ne scordammo rapidi che persero vita ed altro, rischiano di farlo ancora per solo capello sciolto.

“Da una parte, la guerra è soltanto il prolungamento di quell’altra guerra che si chiama concorrenza e che fa della produzione stessa una semplice forma di lotta per la supremazia; dall’altra, tutta la vita economica contemporanea è orientata verso una guerra futura.” (Simone Weil)

Da Simone a Simone, che il nome è lo stesso, qualche volta pure il cognome.
“Uno dei vantaggi che l’oppressione offre agli oppressori è che i più umili di loro si sentono superiori: un povero uomo bianco nel sud degli Stati Uniti ha la consolazione di dire che non è un uomo di colore sporco. I bianchi più fortunati sfruttano abilmente questo orgoglio. Allo stesso modo, il più mediocre degli uomini è considerato un semidio di fronte alle donne.” (Simone de Beauvoir)

“Qualche volta ho la sensazione di non essere un vero e proprio essere umano, ma appunto qualche uccello o un altro animale in forma di uomo; nel mio intimo mi sento molto più a casa mia in un pezzetto di giardino come qui, oppure in un campo tra i calabroni e l’erba, che non… a un congresso di partito.

A lei posso dire tutto ciò: non fiuterà subito il tradimento del socialismo. Lei lo sa, nonostante tutto io spero di morire sulla breccia: in una battaglia di strada o in carcere. Ma nella parte più intima, appartengo più alle mie cinciallegre che ai “compagni”. E non perché nella natura io trovi, come tanti politici intimamente falliti, un rifugio, un riposo. Al contrario, anche nella natura trovo ad ogni passo tanta crudeltà, che ne soffro molto.” (Rosa Luxemburg)

“Sono nata con una rivoluzione. Diciamolo. È in quel fuoco che sono nata, pronta all’impeto della rivolta fino al momento di vedere il giorno. Il giorno era cocente. Mi ha infiammato per il resto della mia vita.” (Frida Kahlo)

“La guerra si materializzava nelle cose, negli itinerari, nei divieti, nelle mancanze, era una sorta di disgrazia naturale più che un’impresa umana sulla quale si sarebbe potuto interferire. Potuto e magari dovuto? Quando mai. Quella sorta di cinismo o pigrizia che passa per italica bonomia, secoli di «tutto cambia dunque niente cambia», stringeva dovunque.” (Rossana Rossanda)

Buon 8 Marzo! Che ve lo rifaccio pure domani con riedizione di vecchia cosa.

Radio Pirata 53 (perché Radio Pirata è Radio Pirata, pure festival, all’uopo)

Radio Pirata si fa a numero Cinquantatre che lancia il suo Festivalissimo, cosa assai promessa e che è manifestazione a vanto di mille mila tentativi di imitazione. Che qui ci abbiamo ospiti di livello internazionalissimo, portatori di pace, signori di istituzioni a somma cima, intellettuali di spessore indiscutibile e sempre più presenti sulle scene. Diamo subito inizio a danza in presenza che facciamo tutto dal Teatro Porto Salvo della città di Sambudello, centro nevralgico di coltivazioni orticole della nostra sacra patria, la Libera Repubblica di Milleforme. E musica sia immantinente.

Subito si procede con grande intervento di illustrissimo e prestigioso affabulatore, che si prestò a cosa gradita di parlare di spettacolare Costituzione e Carta Fondamentale della nostra amata patria, Libera Repubblica di Milleforme. Ma mi comunicano ora che ci fu difetto di comunicazione ch’egli, il predetto elevatissimo, si presentò non pronto all’uopo ma con certificato di sana e robusta costituzione redatto da un medico senza frontiera. Ma strappammo uguale frase di prestigio a valorizzare santa kermesse. “La legge è fatta esclusivamente per lo sfruttamento di coloro che non la capiscono, o ai quali la brutale necessità non consente di rispettarla.” (Bertolt Brecht)

E, previa dissociazione da quanto sopra che è pensiero suo nel senso di chi lo disse, andiamo subito con nuovo brano inedito a concorso che c’è televoto a fremere d’impazienza.

Prima di continuare ci preme di ringraziare nostro amatissimo main sponsor, la cantineria Sfiringeri e Cucuzza, da anni immemori fornitore di pregiatissimo vino pista e ‘ammutta a tutto quanto territorio di Milleforme. Un vino delicato come l’asfalto appena steso nella litoranea d’un mezzogiorno d’agosto, che s’imbudella di traverso e ti dona allegria anche al funerale dell’ultimo dei Mohicani. Il vino per tutti i giorni, quello che ti fa vedere la luce in fondo al tunnel, pure altro, all’occorrenza, rigorosamente rosso sangue. E via di musica, che fate attenzione al pezzaccio e preparate a scegliere il preferito assoluto.

Ma come Festival che si rispetta, pure a noi ci tocca grande, gloriosa e giusta valletta che, causa piccolo infortunio, un poco claudica (questa abbiamo trovato), ma che ancora a presentar cose buone è adusa assai, che le facciamo dire cosarella pure a lei che questa è manifestazione di libera espressione. “Qualche volta ho la sensazione di non essere un vero e proprio essere umano, ma appunto qualche uccello o un altro animale in forma di uomo; nel mio intimo mi sento molto più a casa mia in un pezzetto di giardino come qui, oppure in un campo tra i calabroni e l’erba, che non… a un congresso di partito. A lei posso dire tutto ciò: non fiuterà subito il tradimento del socialismo. Lei lo sa, nonostante tutto io spero di morire sulla breccia: in una battaglia di strada o in carcere. Ma nella parte più intima, appartengo più alle mie cinciallegre che ai “compagni”. E non perché nella natura io trovi, come tanti politici intimamente falliti, un rifugio, un riposo. Al contrario, anche nella natura trovo ad ogni passo tanta crudeltà, che ne soffro molto.” (Rosa Luxemburg)

E mentre ci dissociamo da questo pensiero della nostra valletta ch’è pensiero suo, proseguiamo a musica a tutto tondo.

Come fu dato a sapere da rimbalzo su ogni organo di stampa a livello d’ogni angolo del mondo, Radio Pirata doveva fare ospitata di grande capo politico di stato estero, ma inutili e pretestuose polemiche hanno costretto intero staff a rivedere posizione specifica. Tal capo estero non sarà presente in persona nemmeno personalmente a organizzazione di differita e streaming, ma mandò accenno di discorso da cui ci siamo dissociati pubblicamente e in forma precauzionale ed anticipata a scanso d’equivoco. Ve lo spiattelliamo a come c’è giunto uguale. “L’ambientalismo senza lotta di classe è solo giardinaggio.” (Chico Mendes)

E mentre televoto restringe campo di vincitori, che da parte altra di pianeta si restringe per terra che trema possibilità di scampo a sconfitti per sempre, noi andiamo a subito per scanso d’arrovello con comicità sorprendente d’allegrissimo ospite. “Sembra che gli uomini provino più sensi di colpa per i terremoti che per le guerre che essi stessi fomentano.” (Elias Canetti) E che risate che ci siamo fatti, manco pare vero che ci fanno male pure i fianchi, applauso, ma con cautela che mi dissocio un attimo. E via ancora di musica per subitanea votazione di rete e telefono a costo di cambiale in bianco a chiamata.

E così si va a conclusione di grandissima puntatona di Festival di Radio Pirata che ci furono colpi di scena imprevedibili, grandissimo divertimento e pure momento di possibilità per mi dissocio che prima invito e poi non condivido proprio tutto, ma questa è la democrazia, ed a Libera Repubblica di Milleforme c’è pratica quotidiana di democrazia, per consulto costante di tutti abitanti del territorio che votano ad alzata di mano a chi fa legge e per chi si fa legge. Democrazia assembleare che, ad abitante unico che son io, funziona perfettamente che nessuno è in disaccordo su decisione presa, e se pure è in disaccordo la cambia a senza colpo ferire. Ed ancora vado a ringrazio per vino di bettolone a mescita prestigiosissima, e chissà chi vinse prestigiosa nostra kermesse. S’accettano consigli che io mi consulto con me stesso e mi mando un messaggio sms con mia preferenza.

Radio Pirata 49 (in merito alla questione)

Radio Pirata assurge a quota Quarantanove che mica è pizza e fichi, nemmeno si frigge con l’acqua da queste parti che pare ormai quasi telenovela brasiliana di mille e più mila puntata. Ed anche questa s’appresta a puntatona che c’è cosa che bolle in pentola di livello elevatissimo e redazione di radio pare impazzita a poter dare dettaglio improrogabile a fedele schiera di lettorascoltatore. Per il momento si fa lettore a parte che si parte di musica a razzo spedito che pare armato di testata nucleare prima di quella ad autentico botto per effetto speciale prossima ventura.

Che cominciamo speditamente a cronaca esatta di sacco di soldo che viaggia in terra di confine per esaltazione di grande evento di campionissimi a mutanda ad inseguire sfera rotolante. E ad apologia di sport tra gli sport s’aggiunge proclama d’alto profilo istituzionale di grandezza imprenditoriale per illuminato sovrano d’oriente che produce arena per reziario moderno con contenuto spargimento di sangue a poca roba che manco arriva a diecimila morto ammazzato per lavoro a sfrutto. Che c’è terra di rinascimento vero e mai presunto a fronte di deserto a colapasta per fuoriuscita d”oro nero, che vi fu in illo luogo rispetto autentico di diritto a stimolare rovescio per diversa tendenza sessuale, donna e lavoro di migrante coatto per miseria. Che mi dissi, così, per celia, che se sacco di soldi lo davo proprio a quelli impiegati a schiena rotta, forse che non c’era morto, ma poco importa a diritto televisivo che invece preferisce palla a rotolo.

Che paese nostro è altro che non quello, ma a quello c’è tendenza. Per ora si presume che carico di pullman di donna a mestiere antico sia di comprovata fede nostrale che così non turba sonno di calciatore a cui promessa di tale omaggio sublime venne fatto a carico di vittoria per calcio meglio ad incrocio di pali. Altra donna, bambino vecchio e quant’altro, con pedigree ben definito noi non si sfrutta, al massimo si concede annego libero a mare di tempesta. E se si sfrutta di fa a pudore autentico che non si vede, dentro serra a far leccornia per pranzo di festa a prezzo calmierato.

E c’è pure grande e dolorosa contrizione per donna e ragazzo, a rischio di vita per protesta a speranza di cambio di cose a terra che fu di Scià e che ora ad altro dice sciò. E a detta compagnia disgraziata di ribellione audace, ricordo che grande plauso generalizzato di perfettissimo per rispetto di democrazia coacervo di paese occidentale, dura a spazio di memoria di tal divenuto famoso a Collegno in tempo andato, e che scanna e ammazza fa specie fino a prossima puntata di indecenza. A testimonio rimembro come parve rito di commozione generale donna afgana tornata a medioevo, che indignazione durò tempo esatto di sbadiglio e poi mi volto d’altra parte che non è fatto mio.

Mi dò a carrellata di foto che è a spiaggia mia deserta e desolata, senza manco un barettino, un lidotello nemmanco un bagnomaria, che è cosa assai opinabile per fautori meritevoli di grande merito. In detta spiaggia, che è cosa da brivido e fastidiosa sabbia nelle mutande, non c’è olivetta annegata a shortino, non c’è spa, nemmeno sdraio ad ombrellone a prezzo di superattico, non c’è ombra di ristorantino di tropicalprodotto sovrano, ed incomprensibilmente pure accesso è gratis, che non c’è che vista ad infinito e basta.

Mi venne però dubbio – anche per sciogliere quesito di mia identità, ch’io sostenni erroneamente d’essere nessuno, smentito da elevatissimo intelletto – se risultai ascrivibile, in quanto frequentatore assiduo di detta spiaggia a godimento gratuito di libera solitudine, a categoria di tossicodipendente, rifiuto, o ad entrambe.

E a proposito di tossici e rifiuti, ne ho trovato uno una volta, proprio su una spiaggia libera, straparlava, poveretto. Lo registrai, così vi dico che disse. “

Chiamatemi Ismaele. Qualche anno fa – non importa ch’io vi dica quanti – avendo poco o punto denaro in tasca e niente che particolarmente m’interessasse a terra, pensai di mettermi a navigare per un po’, e di vedere così la parte acquea del mondo. Faccio in questo modo, io, per cacciar la malinconia e regolare la circolazione.

Ogniqualvolta mi accorgo di mettere il muso; ogniqualvolta giunge sull’anima mia un umido e piovoso novembre; ogniqualvolta mi sorprendo fermo, senza volerlo, dinanzi alle agenzie di pompe funebri o pronto a far da coda a ogni funerale che incontro; e specialmente ogniqualvolta l’umor nero mi invade a tal punto che soltanto un saldo principio morale può trattenermi dall’andare per le vie col deliberato e metodico proposito di togliere il cappello di testa alla gente – allora reputo sia giunto per me il momento di prendere al più presto il mare. Questo è il sostituto che io trovo a pistola e pallottola.

Con un ghirigoro filosofico Catone si getta sulla spada; io, quietamente, mi imbarco. Non c’è niente di straordinario in questo. Basterebbe che lo conoscessero appena un poco, e quasi tutti gli uomini, una volta o l’altra, ciascuno a suo modo, si accorgerebbero di nutrire per l’oceano su per giù gli stessi sentimenti miei.” (Herman Melville)

Radio Pirata 48 (Nostalgico italiano)

Radio Pirata torna a puntatona che si fece a numero Quarantotto a senza batter ciglio. Che vostra radio preferita si fa anche oggi, per ritorno a sorpresa dopo lunga latitanza, botte piena di grande musica a nostalgia conclamata di chitarra Eco standard acustica, con corda scordata – ma si spera di no – per accompagno esatto di notiziona che altra emittente non si fece a coraggio di dire fino in fondo.

Che fa notiziona che grande figura, a presentarsi quale rivoluzione di paradigma costituito e convenzionale, pare svela lato oscuro che non parve innocente come disse, che questo non è a stabilirlo nostra bella radiolina piratissima. A Radio, che fu di nessuno con tanto di n amputata di maiuscolo e minimizzata, ognuno che fa a catalizzare attenzione “a quanto son bello io”, per divenire di altezza vertiginosa, sempre è risaputo che poi casca, che gravità non fa sconti a nessuno. Unico che non casca è grande movimento di massa che quello nasce senza faccia ma con espressione di collettivo, che singolo non sparisce proprio, ma non si fa punta di niente, a sorreggere si depone ogni altro che ti sta accanto e nulla chiese in cambio se non essere parte di tutto.

Che dopo grande esibizione muscolare a fronte di opposizione di cambio di clima, grandissimi ricchi di merito, a simposio d’internazionale levatura, fanno meraviglioso miracolo di trovo accordo che va bene a tutti: se c’è danno casomai si fa risarcimento, che non si dica, poi, che non si lascia obolo giusto a causa di miserabile fine d’ultimo a secco preciso che non cadde goccia d’acqua. Pure gola di quello, ultimo intendo, si seccò che bella ragazzetta svedese disse forse non vado, ma altri a disidratazione d’ugola e colore sbagliato non ebbero scranno di successione, che è giusto per buon rispetto di brava gente non far vedere a TG d’ora di cena scena d’inquietudine di miserabile conclamato.

Ciao Claudio che ci manchi assai!

Che c’è grande fortuna che a mantenere sonno tranquillo a grande e potente vertice di piramide c’è ancora scoppio di bombarda con morto ammazzato a un tanto al chilo. Ma questa cosa, che pure dovrebbe fare a gioia collettiva, a taluno toglie sonno ogni notte. Capitò, infatti, che, quasi a dispetto fatto, chi ebbe destino di parata finale verso limbo di dimenticatoio per presunta inutilità conclamata, non poté partecipare. Eppure egli aveva espresso esplicito desiderio per colpetto di bombarda, ma non gli toccò manco un tiro di sghembo, una miccetta accesa, un premo grilletto a fucilino. Glielo fecero a sgarbo che missile di sconfino non fu quello giusto, che già aveva preso bell’e buona mira a colpisco pure io con sommo gaudio, a ricompensa d’impegno a comprar arma su arma che tolgo a cosa di futilità di società antica come scuola ed ospedale.

E finisco con sommo sollazzo, che finalmente grande flottiglia di nave sovversiva fu a blocco e senza possibilità di trovo porto salvo manco con richiesta a carta da bollo. Che ella, navaccia blasfema e bolscevica, si voleva fare a sostituzione di dio per decisione a contrasto di destino ineluttabile che a fuga via mare s’annega. Chi ce la fa, fedifrago, meglio è se di nascosto che non se ne vede per disgusto espressione di sfatto, e se arriva, meglio arriva ad invisibilità che così lavora a sotterro di serra e ci fa fare sconto su derrata a luminescente centro di commercio. Almeno si rende utile che la brava gente s’appresta a lustrino per festa che siamo tutti più buoni.

Radio Pirata 46 (il ritorno di Radio Londra)

Riappare Radio Pirata che ha successo planetario, e fila che pare farmacia da tampone, che di tante collaborazioni c’è offerta che devo fare selezione dura. Taluni ragazzi meritano e gli do spazio sotto, con voce loro e musica d’altri. Che subito partirei di musica a far colonna sonora a pace e meraviglia, che ad altri piace ritmica di bombe come bimbi a gioco d’azzuffo. E riappare in forma di rilancio a gemellaggio per uopo con Radio Londra.

Che mi pare, almeno così, per sentito dire, che a fare la guerra sempre è facile, che a dichiararla c’è tempo uno sbadiglio per chi ha dito su pulsante. Mi dice il ragazzo qua che “Quando i ricchi vanno in guerra, sono i poveri che muoiono.” (Jean-Paul Sartre)

Capisco meglio una rissa d’osteria, una guerra di santi, una faida di quartiere e di palio; meglio Cerchi contro Donati, romanisti contro laziali, automobilisti in furore; perfino negri contro bianchi e viceversa… Torve dissennatezze, naturalmente, ma che nascono da uno sgarro, un’incompatibilità, un torto presunto, un pregiudizio, e sono in qualche modo un rovescio dell’amore, s’apparentano alla passione. Ma sparare a freddo su uno che è nato all’altro capo del mondo, che non hai mai visto, che non ti conosce e non parla la tua lingua, per ragioni che non sai, che non ti toccano, decise da altri, indenni in stanze blindate, persuasi di figurare dopodomani nella storia!”(Gesualdo Bufalino, Il malpensante)

Si è scritto in passato che è dolce e meritevole morire per la patria. Ma in una guerra moderna non c’è niente di dolce né di meritevole nella tua morte. Morirai come un cane senza una buona ragione.” (Ernest Hemingway, Note sulla prossima guerra)

Che quella di passare pezzi consistenti della propria miserabile esistenza a cercare massacro di prossimo (non come se stesso) per taluno è malattia, che pure è patologia anelare potere assoluto, che anche si fa sindrome grave il sottrarsi a starsene quieti, che ne so, a godersi una pensioncina bevendo un bicchiere con gli amici al bar, che ti fa anche buon sangue (che non si versa come d’altri) e non ti viene ansia d’accumulazione compulsiva di dobloni, bazooka e poteri, neppure di minchiate a cottimo.

Certo che se s’è strafogato tutto di tutti, non s’avvede che non s’è sgraffignato la collanina nuova di madama la marchesa, o il rolexino di mister Pippone, ma s’è rubato vite, a bombe ha buttato equivalente di chemioterapici, buono mensa per qualche milioncino di bimbi… E lo so che taluno non se ne rende conto, che la cosa il sonno non glielo toglie, che è tossico, e pure dipendente, ma allora talaltro gli può dire, così a consiglio spassionato, fatti curare, ma da uno bravo, se nel frattempo non gli hanno chiuso il reparto che di fondo c’è l’esausto, che tutto finì a scommessa di Risiko, o se li sono intascati i fenomeni come lui e degli amici suoi. (Questa l’ho detta da me, che non delegavo il primo venuto, semmai offro da bere e buon tutto)

Che radio che si rispetti ci ha i suoi inviati per inchieste dai risvolti insospettabili. E io telefono a mastro di pennello, che ha casa in cima alla collina, con vista a infinito di mare mio e spiaggia che sa di deserto, a dune cangianti. S’affaccia a veranda e m’assicura – ch’io tengo ad attendibilità delle fonti – che ha preso bidonate di caffè a smaltire sbornia della sera, per cui garantisce lucidità d’informazione.

Vede da lì che jet sfrecciano che non se n’erano mai visti, pure navi a cannone schierato gli pare di vedere, che non ha binocolo ma discreta fiducia in diottrie a disarmo, che almeno quelle non fanno arsenale. M’aggiunge, ma io me ne dissocio che è opinione sua, che a salvare disgraziati a barcone non c’è tale prodigo schieramento di forze. E rivado a musica, per brano di suggestione antica.

Che c’è puzza di guerra terminale, che è tutta analisi di politici a raffinatissima preparazione, qual migliori, cui s’aggiunge pletora immaginifica di giornalismo a cottimo, che tesse lodi di mediazioni, o che critica le stesse, a seconda di pruriti da orticaria sotto le ascelle.

Che mi ricordo del tempo che certi ceffi, par di bucanieri a servizio di regina, pur se a portafoglio gonfio di furto a destrezza, faccia avevano d’apparire a pubblico di reti unificate a dir, con voce rotta ad emozione e somma maestria d’attorame consumato, che le cose erano gravi, che ci toccava a breve bagno di sangue, oppure anche no. Che faccia comunque ce la mettevano. E andiamo ancora a musica.

Che mi sono fatto persuaso, a tempo, che ragione aveva Mastro Don Gesualdo Bufalino, che vi cito pari pari ch’io, di certo, meglio non pronunciavo il concetto: “Si firmerebbero poche dichiarazioni di guerra se chi le dichiara dovesse per legge firmarle col proprio sangue”. E io che sono nessuno, mi pregio di continuare a musica che vi rallegra domenica.

Che di stentoree dichiarazioni oramai s’è fatta piena la storia, che il prezzo di bolletta aumenta, ma aumenta per disgraziati che gli altri ci hanno assicurazione di conto solido. Pure, se scoppia la guerra, il mondo nostro pare dimentico di quel piccolo effetto collaterale che l’evento si porta dietro da che è tale: ci scappano i morti a fasci, che raro li ritrovi tra chi la guerra la dichiarò. E musica sia, a solluchero di pensiero lieve.

Che se c’è voglia di rosso, io, che di sangue buono ne ho poco, mi faccio latore di proposta di legge che di rosso s’inondino le vie, le strade, le piazze, pure i laghi per piacere di pesci, ma che sia di quello buono, di contadino, che sa del legno della botte, della terra arsa, pure di quella umida a rugiada della notte. E chiudo di musica. Che ho mal di testa per sera prima di adesione a concetto.

Cari tutti, che a balcone vostro sia bandiera bianca, che al mio c’è sempre stata.

Radio Pirata 45 (in silenzio)

Radio Pirata torna a quarantacinque, che è a tempo di grande tenzone d’elezioni che fa vuoto a destra e a manca che urna pare ulna. Radio si fa a silenzio per forza su chi vince e su chi perde che con grande sua autorevolezza ed ascolto super rischia di stravolgere risultato elettorale. Che è meglio, dunque, che Radio tace, che chi vince vince a Radio pare che è cosa con cui poi ci si fa conto secco, manco quello di bolletta è ad altezza analoga. Ma andiamo subito a musica ch’è compito statutario di emittenza.

Che però Radio non si può fare a trattenimento per orgoglio di nazione che migliorissimo tra migliorissimi venne investito di tale carica in grande paese di democrazia da esportazione, con premio ad uopo, conferito proprio da grandissimo personaggio di statismo indiscusso, medesimo che non recitò t’amo o pio bove a popolo di paese di Sudamerica ch’ebbe a votare odioso, pericoloso, eversore di libero mercato. A tal proposito promosse sana dittatura a strappo unghia e faccio a sparizione per anno e anno di oppositore infedele a fulgido esempio di grande asporto preciso di meraviglioso libero mercato. Che migliorissimo tra migliorissimi gradì consacrazione a far da presagio a future, fulgide incursioni democratiche.

Che è a grande giustezza che c’è ad evito discorso di ambizioso e prorompente fiumiciattolo che fa a straripo, per arroganza ed ego strabordante, e si traveste da Rio delle Amazzoni seppellendo cristiani a fasci, senza alcun rispetto per manovratore che è ad impegno di campagna d’elezione per destino di paese. Che problemi autentici di paese sono altri assai più gravi che non è a sopportazione più plausibile che si vede cartone di porcellina che ha due mamme che è fuori da naturalità delle cose, anziché a limitazione a farsi salsiccia che in troppo silenzio pure non basta.

E che poi a bolletta ci pensano tutti che è cosa grave che non c’è urgenza, tuttavia, al limite se ne discute. Ma è grave assai che, a senza ritegno, c’è a disperazione busso di porta a mare aperto, che pure pare dispetto che taluno figlio di disperazione si fa morto di fame e sete e, pur ancora bimba e bimbo, s’affronta navigata a barca di collasso diretto in abisso. Che è cosa insopportabile che non c’è rispetto, che, giustamente, c’è urlo a scandalo autentico per ci penso io che faccio bombarda d’affondo prima che bimbaglia giunge a porto salvo.

Che è d’indignazione a tutto tondo, già che ci siamo a valore autentico di famiglia e amor di vita, pure a sommo di digrigno gengie a rumore sordo, che c’è scandalo d’aborto.

E radio Pirata si cheta qui, ch’è settembre, mese di stupendo cambio di testimone che non c’è nero come ci si aspetta, ma ovazione a tutti insieme appassionatamente per magnifico gioco di parte. Gioco che valorizza democrazia a farne ora, e finalmente, cosa che pare di pochi a ragionamento esatto, mica è roba per tutti che la vendiamo a cottimo a peggiore offerente, che magari sbarca a valigia di carico di soldi ed obbligazioni a doblone?

Radio Pirata 42 (per voce d’altri)

Radio Pirata, quatta quatta, si fa a numero 42 che conduttore è a tiro di calzino, che quindi fu fortuna immane ch’egli ebbe lucidità di farsi comodo di gruppo di giovane cronista che dice la sua, che pure se la disse a tempo assai addietro, pare che tempo non cambia, semmai s’accetta a ragione ciò che venne detto. Conduttore ufficiale, comunque, non s’arretra rispetto ad incomodo statutario di porre in essere scaletta musicale di certa efficacia, che sa di domenica, neppure fa sconto ad immagine.

“Nessun uomo si aprirà con il proprio padrone; ma a un amico di passaggio, a chi non viene per insegnare o per comandare, a chi non chiede niente e accetta tutto, si fanno confessioni intorno ai fuochi del bivacco, nella condivisa solitudine del mare, nei villaggi sulle sponde del fiume, negli accampamenti circondati dalle foreste — si fanno confessioni che non tengono conto di razza o di colore. Un cuore parla — un altro ascolta; e la terra, il mare, il cielo, il vento che passa e la foglia che si agita, ascoltano anche loro il vano racconto del peso della vita.” (Joseph Conrad)

“Ci sono giorni in cui tutto intorno a noi è lucente, leggero, appena accennato nell’aria chiara e pur nitido. Le cose più vicine hanno già il tono della lontananza, sono sottratte a noi, mostrate a noi ma non offerte; e ciò che ha rapporto con gli spazi lontani – il fiume, i ponti, le lunghe strade e le piazze che si prodigano -, tutto ciò ha preso dietro di sé quegli spazi, vi sta sopra dipinto come sulla seta.” (Rainer Maria Rilke)

“Dobbiamo essere buoni con chi lo è con noi. E un contratto non scritto, ma pur sempre un contratto. Fatto sta che di solito viviamo come se non sapessimo che tutto e tutti sono una merda. Più uno è intelligente e meno lo dimentica, più lo tiene presente. Non ho mai conosciuto una persona intelligente che amasse per davvero o avesse fiducia nel prossimo. Al massimo ha provato compassione. Questo sentimento sì che lo capisco.” (Manuel Vasquez Montalban)

“Sulla luna, per piacere,
non mandate un generale:
ne farebbe una caserma
con la tromba e il caporale.
Non mandateci un banchiere
sul satellite d’argento,
o lo mette in cassaforte
per mostrarlo a pagamento.

Non mandateci un ministro
col suo seguito di uscieri:
empirebbe di scartoffie
i lunatici crateri.
Ha da essere un poeta
sulla Luna ad allunare:
con la testa nella luna
lui da un pezzo ci sa stare…
A sognar i più bei sogni
è da un pezzo abituato:
sa sperare l’impossibile
anche quando è disperato.
Or che i sogni e le speranze
si fan veri come fiori,
sulla luna e sulla terra
fate largo ai sognatori!”
(Gianni Rodari)

E buona fine domenica!