Qualche volta dispongo la prua verso l’interno, non per distacco verso il mare, piuttosto per desideri di riscoperta. L’altopiano è luogo dell’anima, con i suoi silenzi e i maestosi carrubi che paiono vigilare sul viandante, cheti, ombrosi, antichi. Immensi monoliti di roccia bianca solcati da rughe, talune talmente profonde che le chiamano cave, percorse sul fondo da torrenti che talora ancora sopravvivono, e s’aprono strade turchesi riparate dal sole, tra il verde smeraldo d’ogni essenza. Sono fiumi che hanno nomi da divinità antiche, forse sono davvero quelle divinità, tramutate in lacrime per il fallimento d’ogni loro progetto planetario, soverchiato dal dio più feroce che s’alberga tra noi. M’intrattengo spesso sulle rive di quelle lacrime, che i profumi s’inseguono ai colori, ed i sensi si confondono gli uni con gli altri, in una sorta di stupefacente percezione psichedelica. Quando il tramonto rende il rosso alle pietre, ed i sassi cominciano a far sentire la loro intonazione, la predica definitiva d’una storia che ha dimenticato il tempo, m’intrattengo ad ascoltarli che c’è da imparare da quel racconto. Lunga narrazione, del tempo quando non c’era il tempo, terra di Lestrigoni e d’ombre, di ninfe e semidei. Cacciatori cortesi d’avventure, si scavano nascondigli per pudore d’esser sgamati nella loro più intima essenza. Il silenzio è capace di rimbalzare ogni dettaglio di quella storia senza levare un sopracciglio, solo che s’abbia voglia di percepirne il bisbiglio di vertigine.

Ed il pascolo è d’oro e le mucche, che non amano assembramenti, a distanze di sicurezza l’un dall’altra, s’accostano all’erba sopravvissuta all’afa del giorno. Lassù pare che si trovino a loro agio sopra ogni cosa, pur se m’avvedo di qualcosa che non funziona, che quel pascolo, che sa d’Arcadia, lì non c’entra. Dall’alto mi spingo con lo sguardo oltre il punto di vista della mucca, che ancora mi pare avere dignità, che non intendo sottovalutare. Sinché non m’avvedo delle ragioni dello stridio, che quello spettacolo, in altro contesto, m’avrebbe illuminato d’immenso ed ora m’inquieta. Che quel pascolo lì non doveva esserci, poiché, sino a qualche settimana fa, lì, c’era il lago che porta il nome della Santa. Pure lei – mi sa – non deve avere lavorato granché bene. Accetto, si l’accetto, il punto di vista felice della mucca e delle sue consorelle, ma tinche e trote? Evaporate anch’esse.
Qualcosa che non va c’è. Che poi se la cerco la trovo pure, che d’acqua da certe parti si muore, d’altre, per sua assenza, si crepa.
mi hai fatto ricordare il lago stagionale della Val di Bondo, e non troppo distante, ci passavo le mie vacanze quarant’anni fa: sparito del tutto, con le sue rane e i suoi funghi attorno alla rive. sembra che negli ultimi dieci anni le precipitazioni attorno al Garda siano diminuite del 70% e gli inverni favolosi di neve sono lontani. non è solo la Sicilia a soffrire, anche se lì la natura soffre indubbiamente di più.
rimane il conforto dello stile.
morire con stile, come gli eroi antichi di cui accenni qui.
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La cosa che mi ha sconvolto, in questo caso, è stata la rapidità con cui è successo. La scora estate dove ci sono le mucche della foto al pascolo oggi, c’erano i pescatori.
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anche quel laghetto che si riformava ogni anno, sparì nel giro di un paio d’anni e, a quanto ne so, non è più ricomparso, ma ora non frequento il luogo tutti gli anni.
lo vedi com’era nella foto in fondo a questo post, e più sullo sfondo il lago di Garda.
https://www.tremosinesulgarda.it/it/vedere/valle-di-bondo-52
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Molto bello. Purtroppo quello di cui parlo, e che è sparito per gran parte è questo
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bellissimo anche questo! e non lo immaginavo così grande.
davvero, un perdita tremenda. e quasi incredibile.
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Qualcosa che non va c’è. Che poi se la cerco la trovo pure, che d’acqua da certe parti si muore, d’altre, per sua assenza, si crepa.
E il perdersi nel tempo senza tempo finisce…Forse sono davvero lacrime. Io credo di sì. Torno un po’ indietro a invocare ciò che non troviamo più. :
Lunga narrazione, del tempo quando non c’era il tempo, terra di Lestrigoni e d’ombre, di ninfe e semidei. Cacciatori cortesi d’avventure, si scavano nascondigli per pudore d’esser sgamati nella loro più intima essenza.
E qui riprendo fiato . Ma questo dio feroce che s’alberga in noi non lo si può scacciare. C’è tanto da imparare, ma forse si è fatto tardi, troppo tardi. Resta annidato alla chiocciola del mio orecchio ” il bisbiglio di vertigine ” Grazie Giò, del “perdersi” per poi ritrovarsi resta il desiderio.E intanto poter respirare a pieni polmoni.☮️
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Grazie ancora a te Francesca. E che il riconoscere sia già buon presagio
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affascinante la dimensione bucolica che descrivi, salvo poi l’amaro risveglio…
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Più che risveglio, sonno della ragione.
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Il video del Lago di Santa Rosalia è bellissimo!
La data riportata è ottobre 2019, e in soli due anni un lago molto esteso è sparito!
é veramente grave, ma le temperature sono molto cambiate in pochissimi anni.
Io non sono una geologa ma mi piacerebbe sapere se alla sparizione del lago possono aver contribuito movimenti tellurici che ne hanno deviato le sorgenti.
Ma poi, leggendo la storia della diga, ho pensato ad un’altra ‘mano’ meno naturale che col tempo, ha chiuso sempre di piu le rapide che formavano bellissimo bacino diventato un vero e grande lago ma, se cosi fosse, non ne comprendo lo scopo, e poi dove sono gli avvisi pubblici che avvertono la popolazione del grave cambiamento in atto? Difficilissimo da capire, o da sapere, sta di fatto che un luogo bellissimo si è trasformato in un altro luogo, bello comunque da come lo descrivi, ma ormai profondamente diverso, mi dispiace veramente, ciao!
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Si, si è ridotto moltissimo ed è un dato preoccupante. Gli squilibri climatici sono manifesti. Il punto è che fanno più danni nei luoghi meno responsabili. Se non fosse terribile,verrebbe da dire che piove sul bagnato.
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