Del tempo ne rimane

Che ormai manco me lo sento di dire “io” quando non ho minuti per grattarmi la testa. Che io non ci sono portato a non avere tempo, non è cosa mia. È quell’altro me che s’affanna senza soluzione, pure mi coinvolge, senza pietà, che dice che da solo non gli pare giusto, che devo dare contributi. Poi, sotto sotto, lo so che manco lui c’è portato, ma pare non se n’avveda, s’arrabatta su tutto. Niente tralascia. Glielo ribadisco, l’imploro, lo supplico, talora, di lasciare perdere, di starsene buonino, che altre cose abbiamo da fare, ben più importanti. Niente, da quest’orecchio non ci sente.

Mi fa persuaso, però, ed a sua insaputa, che di ragione ne ho a bizzeffe, nemmeno basterebbero tomi interi per elencarle nella loro arguta giustezza. Mi sorprendo che non s’annessuna come mi piacerebbe che facesse, così, ad armi pari, identità sovrapponibili, potremmo dedicarci alle cose che ci aggradano, quelle si, davvero. Che tempo non ne rimane di far visita alle nostre bettole, per un jazz che langue, pure per starsene un po’ di più su queste pagine, a chiacchierare come fossimo al baretto da Piero, davanti all’uovo sodo e il vino, per la protoapericena. Né ce ne resta per sorprenderci a rigirarci felicemente pollici su uno scoglio, oppure on the road, come ci compete. Ma pure stesi sul divano andrebbe bene, un libro, un bicchiere.

No, non demorde, che pare che se smette collassa l’universo. Io glielo avevo detto che se ci mettevamo a fare gli insegnanti, poi, ce ne saremmo pentiti. E lui, invece, che piglia tutto come missione umanitaria, ci si butta a capofitto. Anche se scopre che non esiste fare l’insegnante, che pare furiere dell’esercito del Regno delle Due Sicilie (ma quale è l’altra?), al più passacarte di tribunale bizantino. Che quando entra in classe si riposa, si gode il momento. S’è messo a sindacato, che non ce n’era altro da fare, pure gratis et amore dei e le beghe dell’uno, come di tutti, diventano cosa sua, gli arrovellano i pensieri, che, pure se non becca una lira, ci sono taluni che lo guardano come fosse collettore d’ogni privilegio gli sia dato di depredare. Ultimamente tira il fiato coi denti. Ma non è che non gli s’appresentano cose interessanti. A bizzeffe. Una mostrettina ogni tanto, che ce lo chiamano pure, ch’è occasione per starsene in giro e vedere gente che gli aggrada, e lui tre su quattro dice no, che non può, pare financo che se la tira. Anche un editore che gli vuole pubblicare una cosa, che s’è fatto sentire, se la vive come agonia che – dice – non gli basta il tempo per l’ordinaria amministrazione. Ma quale dovrebbe essere l’ordinaria amministrazione, scavare trincee e riempirle, per tenere alto il morale della truppa? Che il destino che ci competeva era altro, né patria né Dio, come al tempo quando non c’era il tempo, quando eravamo uno, quando avevamo derubricato generalità anagrafica al niente, quando avremmo detto a Boccadoro, hazte a un lado, niña, que no tengo nada que hacer, y quiero hacerlo bien, quando pensavamo di avere già vinto, con quell’enorme privilegio che ci eravamo presi d’essere nessuno, in terra di qualunque.


10 risposte a "Del tempo ne rimane"

  1. Con te ogni volta ne imparo una, non s’annessuna, straordinario. Questo tuo post meraviglioso mi ha fatto ritornare il sorriso, sapessi come mi sarebbe piaciuto insegnare, anche io prendo tutto come una missione personale. Magari l’editore mi venisse a bussare a casa 🏡
    Ad ogni modo, al giorno di oggi, credo che ogni mestiere sia un’impresa e una missione al tempo stesso! 😄

    Piace a 1 persona

Lascia un commento