Mi sorge il dubbio che non mi feci abbastanza adatto a questo mondo, ché una volta non fu peggio per taluni aspetti, ma v’era sempre in pectore possibilità di farsi nulla alla macchia. Nessun Grande Fardello ci si portava alle spalle, l’occhio lungo dei capi banda non coglievano a grandangolo dettaglio minimo d’uomo in fuga, non se ne curavano. Faccio che vi ammusico un tanticchia.
“Dio ha condannato noi uomini a lavorare e uno penserebbe che i posti dove non si vede l’ombra di un povero diavolo che tiri la zappa siano stati abbandonati dagli uomini e da Dio. Invece sono posti pieni di gente anche più degli altri. Con la differenza ch’è gente che ha capito, e che se la spassa in città, la maggior parte del tempo, a chiacchierare nelle piazze e a far festa nelle chiese. Poiché Dio è di manica larga, sa di averci condannati in un momento di cattivo umore, e trovar gente che lo capisce gli fa un piacere tale che ronza di continuo intorno a loro, e lavora Lui per loro; e rende ricche di raccolti le campagne loro come capita di rado che siano di quanti si attengono alla lettera della Sua scrittura”. (Elio Vittorini)
E musica sia, ancora, che ci serve.
Che stando sul Mar d’Africa mi sovviene di personaggi mitici, di epoche in cui la tavola imbandita sotto la pergola ospitava cene di Lucullo, pane, olive, cacio e uova sode, con acciughe e pomodoro secco quali note a margine. Mai mancò da bere, pure se se ne faceva uso in tanti e in tanto.
Seppure s’inebriava il tutto d’intorno, che svuotava meningi di contenuti eccelsi, talora capitava che d’iskra s’illuminasse il tutto, che la tavolata beona pareva trasformata in cenacolo, in zibaldone, senza che nessuno se ne lagnasse. E seppure, spiazzato dall’evento, il vecchio amico, di cabareth edotto, provasse a creare discontinuità col chiedere, ad accento di Piero Aretino, se Jo Pomodoro fosse di Pachino, vi fu una sera, ch’appare d’altra epoca, scontro durissimo, di dialettica quasi al limite del serramanico. E non so come che capitò di chiacchierare in toni pacati di Gattopardo, che taluno tirò fuori la cosa a margine di ragionamento, che fece supposizione che rimane mistero di chi ne completò lo scritto. Che il finale pareva appiccicaticcio, che Visconti, a creare capolavoro, pareva se lo fosse giocato pari pari. E fin lì si concordava, se nonché, come fu e come non fu me ne faccio immemore, che talaltro sbiascicò di “minchiata” di Vittorini, che si fece cassatore della pubblicazione con Einaudi. E lì s’aprì cavalleria rusticana, che mancò poco volassero piatti, dei bicchieri v’era meno rischio. Ora, io patteggiai a difesa dell’uomo d’Ortigia, di cui ero edotto circa alcune asperità caratteriali, per biografie di chi lo conobbe, di comuni conoscenze, che io ho anagrafica che non me ne permise frequentazione, nemmeno occasionale incontro. Pure, di tutta l’opera me ne costruirei monumento a capezzale, per scrittura magnifica, profondità d’abisso, acume d’analisi a vertigine. Ma anche pensiero di libertà definitiva, che disse no a Baffone allorquando era vietato di legge morale, pure al Magnifico s’oppose, senza rinunciar a radicale critica eterodossa di società. Che mi parve fosse naturale che cestinasse malamente l’opera d’uno che tutto cambia, perché nulla cambi, mentre s’avvampava di guerra a sangue a contadini esausti del lungo assalto a latifondo, morti a fasci di fuoco incrociato di picciotti e sbirraglia scelbiana. Pure, a me, le saghe noblesse oblige manco mi piacciono, m’infastidiscono, talora m’annoiano. Feci banda di tali convincimenti a gruppo compatto, che Vittorini fece bene, che avremmo controfirmato a sangue la scelta impopolare; ma la controparte era analoga di numero e di mezzi dialettici e, al calor bianco, alimentò disfida, che pareva Italia e Francia giocata da bimbi a fionde nei vicoli del Garofano Rosso. A dir di loro, la cassata – nel senso di censura, non di torta isolana – era infarcita di pregiudizio ideologico, che il libro del Tomasi, pure se pareva politicamente non correttissimo, era pur sempre capolavoro di scrittura elevata. La tenzone continuò a lungo, alimentata da rosso soave, arma impropria di guerra, solleticante ugole ad urla. Sinché tutto ebbe quiete, che il vecchio a banda ammise, a candido sorriso divertito dalla battaglia, che la lettera di Don Elio l’aveva letta per bene, che lì non c’erano i toni della censura, ma quelli pacati d’editor responsabile, con timido accenno all’incompletezza dell’opera. Incompletezza poi colmata nella pubblicazione definitiva da mano ignota, forse.
Che mi venne di quell’episodio metafora e morale insieme, che oggi due bande s’affrontano su campo assai più vasto, che di proprie verità fanno l’assoluto, come il reziario distrae il popolo bue dalla natura oggettiva dell’incedere delle cose, forse assai più semplice e pacata di contratti per bave alla bocca.
È sempre bellissimo leggerti, stupende anche le fotografie a corredo! 👏🏻🍅🍷🍷
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E mi ripeto con grazie ad libitum 😄
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Grazie ad libitum a te! 😄
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🙂
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Ma che foto magnifiche senza nulla togliere al tuo pensiero che tocca terre lontane, e delizie al palato
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Eh, indugio a nostalgia di dette terre lontane e grazie assai🙂
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Capisco benissimo
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😊
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Trovo i tuoi post, le parole, le immagini, i video, talmente stupefacenti che non trovo le parole per dirti tutto il mio apprezzamento. Credimi
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A me non viene niente di adeguato per ringraziarti a sufficienza 🙂
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Un abbraccio 🤗
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A te pure carissima🥂
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Bravo, hai fatto bene a difendere Vittorini, lui è riuscito, tramite i suoi libri a farci conoscere la relatà delle cose, nude e crude. Senza farsi comprare da nessuno!!! Ovvia!!!!
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Io lo tengo sul comodino “il garofano rosso”, forse perché siamo nati a cento metri di distanza, ma lui ha saputo vedere cose che io avevo sotto il naso e non me ne sono accorto.🙂
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Eh, ma erano anche tempi diversi!!! Non credo saresti rimasto con le mani in mano se tu fossi cresciuto al tempo del fascismo!!! Erano tempi turbolenti per non dire terribili, dove certi giovani rincorrevano degli ideali diversi e si battevano per quelli. Oggi dovremmo batterci per difendere la Libertà che tanto faticosamente e a prezzo di tante vite, abbiamo raggiunto. Mi sembra tu lo faccia bene denunciando tante cose brutte, con i tuoi pregevoli scritti!!! 😉
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Sono consapevole di non fare granché 🙂 però il tuo apprezzamento è davvero oltre😄
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No, davvero, le tue parole vengono lette, piacciono e fanno riflettere. Non è poco, credimi!!
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Grazie, grazie davvero. Non m’aspetto mai troppo apprezzamenti così.🙂
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bella la foto con la mezza porta finestra color marrone… come se il calore della terra volesse entrare tra quelle pareti… e non uscire più…
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La riguardo ed ha fatto la stessa impressione anche a me, grazie davvero 🙂
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Mi è piaciuto l’articolo e mi sono piaciuti i brani. Buona giornata
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Grazie, grazie tantissimo e che sia un’ottima giornata anche la tua
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Vittorini è un grandissimo scrittore che parla di cose reale e niente fantasie. Il pezzo riportato è favoloso.
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Vittorini aveva il senso esatto del peso che hanno le parole. Una incredibile capacità di analisi e una profondità notevolissima
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Peccato che pochi ma buoni lo ricordino.
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Andrebbe letto nelle scuole. Ma questo sarebbe un altro paese
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Chiedi troppo che venga letto nelle scuole.
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Sarebbe troppo rivoluzionario.
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Una rivoluzione copernicana
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che ce ne vuole di musica assai, di buone bevute in compagnia e di discorsi alti che vengono per ispirazione del momento 🍷🍷
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Assaissimo ce ne vuole, fino all’ultima nota e finché non si vede fondo di bicchiere🍷🍷
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