Dis(s)ertando

Ritirarsi non è scappare, e restare non è un’azione saggia, quando c’è più ragione di temere che di sperare. Non c’è saggezza nell’attesa quando il pericolo è più grande della speranza ed è compito del saggio conservare le proprie forze per il domani e non rischiare tutto in un giorno.” (Miguel De Cervantes) Fuggire non è solo disertare dalle armi, è andare oltre lo scontro contro un potere che non comprende altra parola se non quella della guerra, del silenziare la voce degli ultimi, ad ogni costo.

Quando lo strapotere delle forze in campo è tale da non ammettere che esista altro vincitore se non chi detiene gli strumenti della sopraffazione, la diserzione è necessità di vita, la resa a quella s’accompagna. Innalzo sul pennone più alto d’albero maestro la mia bandiera bianca, a segnalare la presa di posizione definitiva ed inderogabile, e che sventoli, perbacco, che sventoli. Mi decido sì per resa, che d’apparenza è a scanso di condizione, ma nasconde ritirata strategica, attacco pure su tutti i fronti. Se non partecipi al gioco, il giocatore che resta è già sconfitto, si ritrova senza trastullo. Il mondo dei padroni del vapore ha necessità di nemici ed io mi sottraggo al ruolo di parte, mi faccio a lato che è decisione spontanea, dunque odora di trionfo. La ritirata, così, non fu mai solo tale e basta, piuttosto attrezzo a vita altra che non guarda per vedere, che vede senza guardare con occhi di dentro, e fu disegno di ri-scoperta, di dimensione e-versiva del vivere. Conquisto, avanzo, in ritirata, m’approprio di non appropriazione, esproprio l’inappropriato, riprendo posizione in orizzonte aperto, in dettaglio sfuggito, che di quelli v’è traccia a campo di battaglia a devastazione, che parevano conquistati ed invece, liberati d’assillo di conquista, appaiono fioriture d’uomo libero.

Mi riprendo scogli dorati, colori spumeggianti d’abbandono, le diacronie del tempo, le note andate ed il respiro profondo della memoria fervida ed ininterrotta dei ricordi. Questi tamponano il presente ad ingorgo, sfrecciano come saetta spuntata e non di guerra oltre il presente, si fanno futuro di prospettiva. Ed il nemico che avanza è già fuggito in disfatta, ch’è schiavo di sua stessa guerra quotidiana, di libertà negata a prigionia autoinflitta per fila alla cassa, di direzione mai a linea sghemba. Procede a linea dritta, il nemico, che solo quella conosce, non ambisce a percorso lungo e panoramico, alla lentezza che vede tutto. Corre illimitato a velocità di logaritmo, che non v’è dettaglio nell’accelerazione a parossismo che narra di storia, spera solo a stazione celata da muro, in benedizione d’assoluzione, di conforto in sacre stanze di corruzione. La resa non è prevista, nessuno s’arrende, dunque sono finalmente nessuno, ho isola per diserzione ch’è sorta dal mare e nessuno vede, che l’uno qualunque non ne conosce esistenza nemmanco a binocolo o telescopio portentoso che occhi non ha, nemmeno prospettiva di deriva e approdo.

E allora:

«In piena facoltà egregio presidente
le scrivo la presente che spero leggerà
la cartolina qui mi dice terra terra
di andare a far la guerra quest’altro Lunedì

Ma io non sono qui egregio presidente
per ammazzar la gente più o meno come me
io non ce l’ho con lei sia detto per inciso
ma sento che ho deciso e che diserterò

Ho avuto solo guai da quando sono nato
e i figli che ho allevato han pianto insieme a me
mia mamma e mio papà ormai son sotto terra
e a loro della guerra non gliene fregherà

Quand’ero in prigionia qualcuno mi ha rubato
mia moglie, il mio passato la mia migliore età
domani mi alzerò e chiuderò la porta
sulla stagione morta e mi incamminerò

Vivrò di carità sulle strade di Spagna,
di Francia e di Bretagna e a tutti griderò
di non partire più e di non obbedire
per andare a morire per non importa chi

Per cui se servirà del sangue ad ogni costo
andate a dare il vostro se vi divertirà
e dica pure ai suoi se vengono a cercarmi
che possono spararmi io armi non ne ho» (Il disertore, di Boris Vian, trad. G. Calabrese, nell’album di Ivano Fossati Lindberg)

Rilanciate, se potete e volete, il testo di questa canzone. È un messaggio universale di pace.


35 risposte a "Dis(s)ertando"

  1. Scusami, per correggere una cosa che avevo inviato sbagliata, ho cercato di cancellarla ma ho cancellato anche il tuo commento. Mi dispiace tantissimo! Ancora con questo WP non ci capisco tanto bene!!! Comunque buon 25 Aprile anche a te, sperando sia un vero giorno di liberazione!!!!

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  2. Non alzo bandiera bianca, non rinuncio a lottare per cambiare lo status quo, non rinuncio a lottare per le mia idee. Finirò male, lo so ma almeno so di aver lottato per difendere quello che penso.

    Il disertore di Loris Vian l’ho ripubblicato sui i miei blog newwhitebear e orsobianco.

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