Riposto pari pari ciò che già feci a post, ché nausea non si spense nemmeno a magnesia ad ingurgito con imbuto. Nemmeno mi venne scrittura fluida a descrizione di disturbo che fece a me guerra a tutto tondo ad ogni umano che fu ultimo. Morto d’annego ebbe colpa d’esser tale e morto di bombarda si trovò a far scudo con cranio suo per gloria suprema di vendo sparo a grappolo. Pure sul resto che mi fece nausea devo far a silenzio autoimposto che altrimenti mi vien da scrivere elenco che par di telefono a parlar con linguaggio poco dabbene.
“Tutto era pieno, tutto era in atto, non c’era intervallo, tutto, perfino il più impercettibile sussulto, era fatto con un po’ d’esistenza. E tutti questi esistenti che si affaccendavano attorno all’albero non venivano da nessun posto e non andavano in nessun posto. Di colpo esistevano, e poi, di colpo non esistevano più: l’esistenza è senza memoria; di ciò che scompare non conserva nulla — nemmeno un ricordo”. (Jean Paul Sartre, La nausea)
Non mi veniva di scrivere d’altro, manco ora che sta arrivando la bufera e non ho che ombrelli a telai dismessi. Che quell’altro me invece ne aveva voglia, lui che, quand’era giovane, pareva ch’era già vecchio, che i suoi amori glieli sceneggiava Resnais e li cantava Jaques Brel. Che gli dicevano ch’era sbarcato da nave d’Argonauta, da secolo ignoto, che s’apprestava su uno scoglio ogni mattina, vestito come veniva, sino alle ciabatte, che pareva che lì c’era nato, cosa che poi era. Pure – gli dicevano – che il mondo d’intorno se ne andava da un’altra parte, che l’avevano lasciato lì, sempre su quello scoglio, come istantanea cotta al sole, ultimo Mohicano, su quella Rive Gauche ch’apparteneva a lui ed a quattro signore che s’ammestieravano d’antico.















Che pure s’ammetteva social ante litteram, di dita unte al tetraetile di Gestetner, di cui – per caso puro – non c’è morto per impronte digitali su uova sode, manco per il tracannare di zibibbi all’arsenico e gazzosa. Che con fogli e colla in mano aveva conosciuto stampella a mesi, formato economy – che quello passava la mutua –, per ginocchia a grattugia, nell’incontro con ferri di cappucci neri arditi d’ignoto, persi nel tempo, irrispettosi di titolazioni quotidiane che ne danno natali recenti e morti antiche. Che non vollero affratellarsi con mammoni e mannari nelle novelle della nonna. Di destino crudele patì le spire, in giovane età già vecchia, ma pure le pene del disarmo nucleare d’un Settimo, in fila poi per sussidio di disoccupazione. Che avrei dovuto scrivere per sussiego alla sua ineluttabile pulsione primordiale all’angoscia sotto pelle? Per assecondare l’arrovello, l’intorciniarsi di budella? Che pare non s’avveda, né da mo’, nemmeno da poi, che la prospettiva sghemba la rende ancor più tale? E mai si fece lucido per lo scivolo del tutto che è viscido e d’intorno. Impara, ancora, pur da vecchio immemore, che tale fu prima del primo dente da latte, per perseverare nella sua senescenza definitiva. Al di più, che non l’assecondo che rare volte, nell’ipotesi redentiva del cosmo, lo invito al desco, al chiaro dello scuro del rosso, alla saxata di Coltrane, urlo di vertigine, a parlare dell’ultimo Ray Sugar, alle geometrie di Cifalà, a sogni sotto zampe d’elefante, di Nico e la Redgrave, mica di cose serie, a contorno della frittatina con cipolle, che stasera, tanto, non è cosa di mettersi a relazionare, e tra noi l’alito pesante s’ammette.
… che dirti? Di questi tempi ci sono pochi rimedi alla nausea. E tutti richiedono che ci si tappi orecchie, nasi, bocche e pure qualcosa d’altro. Ma, ancor meno, sono rimasti luoghi in cui potersi rifugiare.
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Ne cerco giusto uno, ma forse ce l’ho già
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Beato te, se ce lo hai già …
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Provo a raggiungerlo appena posso.
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Per quello che ha trovato Wayne Shorter non c’è fretta.
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Mai avuta.
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Ormai dalla nausea mi salva solo medicamento
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Sono esperto nel consumo del bicarbonato. Sturo i lavandini con lo sguardo.
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:))
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Anche se il tema è la nausea che è un soffrire dietro una pena e poi un’altra ancora, ammiro la tua architettura poetica. Una sapiente scelta di parole. Malgrado non ne colga tutte le sfumature mi accontento di questo, perché mi ricorda ancora che c’è molto da imparare
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Pensa che non le colgo tutte nemmanco io. Grazie assai però!
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