“La traversata era cominciata e la nave, come un frammento staccato dalla terra, correva solitaria e rapida come un piccolo pianeta. Intorno ad essa gli abissi del cielo e del mare si univano in una irraggiungibile barriera. Una grande solitudine sembrava avanzare tutt’intorno con la nave, sempre mutevole e sempre eguale ed eternamente monotona ed imponente. Di tanto in tanto un’altra vela bianca errante carica di vite umane appariva lontano e spariva diretta verso il suo destino.”
(Joseph Conrad)
Ora sono solo numeri, numeri sparsi, oltre i necrologi, mentre è discussione accesa sul nulla che avvolge l’ultimo naufragio, solo ieri. Quello, il naufragio, non c’è più, forse non c’è mai stato, non se ne sente il bisogno, non v’è necessità se non a dimensione di trafiletto scordato.







Pure, il porto salvo, era lì, che ci sono tali che a forza di braccia fanno tratti più lunghi, roba da applausi, record e medaglie. Il corpo sfinito dalla fuga infinita non regge. Sei uomini, tre donne, una è incinta, un’altra è giovane, ha perso i sensi per fame, sete, freddo, teneva tra le braccia il suo bambino, scivolato via, finito inghiottito dalle onde. Questi sono quelli che non ce l’hanno fatta per ultimi, ed il racconto dei sopravvissuti si fa cosa che non si descrive con semplice strazio. Altre anime vedranno quanto è profondo il mare, Altre bare le attendono, ci sarà legno per farne ancora, useremo i relitti spiaggiati poi passeremo alla plastica, ricicleremo, che ci piacciono le economie circolari, il vuoto a rendere. Chissà chi vince il festival.














“Conosco delle barche
che restano nel porto per paura
che le correnti le trascinino via con troppa violenza.
Conosco delle barche che arrugginiscono in porto
per non aver mai rischiato una vela fuori.
Conosco delle barche che si dimenticano di partire
hanno paura del mare a furia di invecchiare
e le onde non le hanno mai portate altrove,
il loro viaggio è finito ancora prima di iniziare.”
(Jacques Brel)
Dopo quanto hai scritto prima, tragica attualità purtroppo 😔 la chiusa è veramente un pugno nello stomaco…
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Sono notizie che già cazzottano stomaco e viscere
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Mi fa sempre rabbrividire questa poesia di Brel : è così perfetta!
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Esatto, perfetta. Le barche o vanno o non sono.
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Già… anche, ma non solo, per questo suo significato ci sono affezionata.
Un sorriso
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🙂
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adoro questi versi… 💙
le foto che hai messo… (quelle colorate)… sono in perfetta sintonia con la poesia…
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Speravo lo fossero, si.
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…
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Ci vuole coraggio per guardare il grande blu perché non è silenzioso fluire ma eterno urlare. Lacrime, stupri, parti, corpi dispersi; fame, sete, speranza, coraggio, perdita (d’identità, di stato, di se stessi).
Qualcuna ha detto “questi diventano traghetti” ma porca puttana a poterli costruire miliardi di traghetti di congiunzione.
Mi si lasci sognare che male, non fa.
Buona giornata Professò.
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Per taluni l’unico traghetto degno di nome tale fu quello di Caron Dimonio. Buonissima giornata Doc.
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Ti ho riletto con dolore e non può essere altrimenti. L’ho fatto perché due parole mi tornano spesso e sono grida: maledetti assassini. La prima cade sulla nostra indifferenza, la seconda è nella accettazione che una legge o una norma uccida. Tu hai espresso in maniera così profonda e incisiva ciò che tocca anche chi dissente e vorrebbe non sentire il grido muto delle persone che muoiono perché non vengono salvate, accolte, considerate. Non ho più parole.
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Le parole, pure quelle che mi vengono, che scrivo, paiono perdere di significato. Rimane solo la costernazione di chi ha ancora una goccia di sangue in circolo. Che duri almeno quella quale speranza di vita, a dispetto degli assassini.
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