Minoranze

Non è che uno sceglie di essere minoranza, semmai anela il contrario. Ci credo poco – ma ne ammetto pure l’esistenza – che c’è un taluno che sceglie di essere sempre e comunque minoranza. È cosa degli uomini affratellarsi con milioni di altre creature, pure lontane e diverse. Ma l’evidenza dell’essere minoranza mi sopraffà sinché sono stato investito dall’età della ragione, cosa peraltro non richiesta. Che poi essere nell’età della ragione non per questo impone d’avere “ragione”. Si può dissimulare il proprio torto, nel profilo basso del parziale fraintendimento, nella diplomatica accettazione del volere altrui, nel mugugno a bassi decibel. Ma sempre dentro la riserva indiana, poi, ci si ritrova, senza se e senza ma, spesso con un solito irrisolto perché.

C’è che uno non se lo sceglie da che parte stare, mi sono persuaso che gli tocca. Si può cambiare il corso degli eventi, ammettere che esiste il libero arbitrio, comunque ci si porta dietro la propria ineluttabile condizione esistenziale. Almeno penso, che non ne sono manco così sicuro, pasciuto nel dubbio, forse nel sonno della stessa ragione. Così, predestinato, per origini e censo, a rapinare le vecchiette davanti alla posta, mai m’avvidi di come ciò possa non essere successo, spiattellato a fare un profino qualsiasi, financo a godermi certe smanie piccolo borghesi, talora pure a montare librerie Ikea. Però ho passato tutta la vita nel desiderio d’omologazione maggioritaria, d’adesione agli immaginari collettivi, che sono convinto che ti toglie pensieri, il contrario t’arrovella. E ciò m’è accaduto in ogni frangente che vissi, cosa di cui non vi terrò edotti né nel dettaglio, nemmeno nelle sue linee generali, poiché è cosa di poco conto.

Il punto è che, seppure t’asciuga i criticismi, dunque ti solleva di certi gravami d’insonnia, l’essere maggioranza non è a costo zero, richiede tributi che taluni pagano con nonchalance, per altri è compito delicato, che impone fatiche e ti induce a scegliere di quali fatiche puoi fare a meno, quali altre sei in grado di sopportare. A me, lo dico francamente, dell’essere maggioranza mi preoccupa l’essere rapido e preciso. Eppure ci avevo sperato, come montagna inamovibile, in attesa del profeta, che la triste reclusione dei distanziamenti sociali, potesse stravolgere il senso delle cose, stralciare paradigmi, ridurre davvero le distanze. Invece!

È dai tempi della scuola, da quando la frequentavo dall’altra parte della barricata, intendo, che mi sento ripetere, se non esplicitamente almeno nelle indicazioni generali, che occorre essere rapidi, puntuali, efficienti, efficaci, in definitiva, meritevoli. Poi l’università, il lavoro, la musica non cambia, inno imperituro, richiamo costante alla mitica perfezione dell’agire, del produrre. Bisogna apparire decisi, vincenti, volitivi, esprimersi in modo sintetico ed esaustivo, non indugiare, accelerare, non tergiversare, perfezionarsi sino all’eccellenza, dimostrare volontà ferree, strategie definitive, risultare impeccabili, al di sopra d’ogni sospetto di lassismo, rinnegare il dubbio, compiacersi delle proprie granitiche certezze. Eleganti, ma senza pacchianerie – questo, invero, anche alla maggioranza, non è che proprio… -, in forma scultorea, frequentare i luoghi giusti, le giuste compagnie. Rapidi, dunque fast food, apericene, sushi, musiche con ritmi definiti, bum bum senza sorprese, rime baciate, brevi, che si ricordino, niente dissonanze e asimmetrie; il jazz è morto, l’improvvisazione sepolta. E io, se mi guardo intorno, se mi affaccio dai miei anni con lo sguardo indietro, la storia che vedo è un’altra.

Quanti progetti, quante cose iniziate e lasciate lì, in attesa di chissà cosa. Quante incompiute, quante risoluzioni fallite, quante approssimazioni. Non ho mai avuto una visione circolare del tempo come gli orientali, mi sono crogiolato di memorie, facendo in modo che il futuro si muovesse con “lentezza” sino a toccarsi col presente, ed insieme si mettano ad aspettare il passato per un tamponamento a catena che li faccia coincidere in un unico punto temporale indefinito ed infinito. Poi, col tempo, continuerò ad esplorare lo “spazio breve che suggerisce l’infinito” (Jean Grenier), e sceglierò in un viaggio sghangherato la mia “Itaca, la terra fedele, il pensiero audace e frugale, l’azione lucida, la generosità dell’uomo che sa” (Albert Camus). Perché quante approssimazioni, per fortuna, possono restituirci almeno uno scorcio di quella bellezza infinita che è nella nostra irredimibile natura umana di creature lente, di strateghi della lentezza, in competizione con le più ostinate lumache nel contemplare i dettagli più insignificanti di questa terra, per cogliervi dentro la suadente poesia. Di converso, quante brucianti accelerazioni, pragmatismi risolutivi, decisionismi improcrastinabili, precisioni burocratiche, successi epocali, ci hanno lasciato l’eredità d’un condono edilizio…!

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16 risposte a "Minoranze"

  1. Convengo con te che ognuno ha il suo destino, c’è un qualcosa a cui siamo destinati nonostante il nostro libero arbitrio. Purtroppo quando si è gi8vani si hann9 progetti, aspettative che non sempre si riescono a realizzare e alcune vokte forse può anche 3ssere un bene… e comunque c’è da aggiungere che in specialmodo da giovani non si hanno a disposizione i giusti mezzi e quando magari in età più adultai8 mezzi si potrebbero avere nel n8stro ce4v3lli si è completamente assopito se non addirittura smarrito il progetto certo in tutto questo quel crogiolarsi che narra tu non giova certamente. Buona serata 😉

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    1. Sono solidale con voi. Uno non sempre se la sceglie la strada, ma spesso è anche vero fino a un certo punto, vero fino a quando non si tocca la vera essenza di un uomo. Se il qui presente Signor Nessuno fosse riuscito a “ingoiarsi” tutti i compromessi che gli avrebbero permesso essere partecipe di maggioranza, ora non amerebbe a essere scoglio, ad amare Madre Lentezza, a vivere felice solo a guardare l’orizzonte del mare. Il discorso è molto complesso, qui difficile da affrontare, resta il fatto egoistico che il Signor Nessuno è ritornato se stesso e arrivato qui fino a noi. 🙂

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  2. Non credo al destino, anche se so che il libero arbitrio è molto limitato dalle circostanze in cui una persona si viene a trovare. Quanto a me, molto spesso sono “minoranza”, per esempio nelle scelte politiche, in certe mie preferenze, e anche perché sono abbastanza individualista e non mi piace sentirmi “massa”.

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  3. Qualcuno avrebbe detto:”minoranza si nasce. Ed io, assai modestamente, lo nacqui!
    Fantastica chiusa:”Di converso, quante brucianti accelerazioni, pragmatismi risolutivi, decisionismi improcrastinabili, precisioni burocratiche, successi epocali, ci hanno lasciato l’eredità d’un condono edilizio…!” Complimenti.

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