Ci sono cose che facciamo che pretendono musica. A me capita per qualsiasi cosa, ho sempre una cosa che mi frulla per la testa. Quando affronto la tormenta del mare d’inverno, quando mi sobbarco le cartacce di burocrazie borboniche che si autorigenerano, paiono Araba Fenice. Pure se cucino, mangio o bevo, di più se mi concedo una sigaretta a fronte di tramonto, oppure una passeggiata lungo il fiume, quando spero che con l’acqua possa raggiungere anch’io l’oceano. Certe volte mi chiedo quale sia la mia musica preferita. Ne ho tanta per la testa che mi pare difficile trovarne una che ce la fa a portare il risultato a casa. E poi le cose cambiano, oggi c’è una tal cosa, domani ce n’è un’altra. Ma oggi è oggi, e ci provo, senza classifiche, a sceglierne qualcuna. Domani è un altro giorno, con soddisfazione non sarà lunedì.

“La mia cosa preferita”, è composizione antica, del 1959, scritta da Richard Rodgers e Oscar Hammerstein per il musical “Tutti insieme appassionatamente”. Ne esistono un numero impressionante di versioni, ma quella di Coltrane, con le sue furibonde sfuriate al sax, su cui si inseriscono le staffilate di Pharoah Sanders sul tappeto volante delle note al piano di Alice Coltrane, ci sono giorni che non mi molla un attimo. Coltrane chiarisce una cosa di questo pezzo, che è nato per durare all’infinito, ripetendosi in forme caleidoscopiche, ed ognuno si sceglie il suo frammento. Io li prendo tutti. Me la appiccico addosso quando capita, se sono in auto la mattina presto, ad esempio, per andare al lavoro, e mi faccio via crucis bar dopo bar, alla ricerca d’un caffè dignitoso, ma ammetto che davanti a bicchier di vino e sigaretta, luci spente, sul divano, la indosso meglio, in qualche modo mi dona.
A questa cosa sublime di Mingus gli schiaffò sopra un testo Joni Mitchell. Me la porto dietro, anzi, in testa, come necessario kit di sopravvivenza. Mi diverte, sconfinfera in modo patologico, ne sono dipendente. Scanzonata, irriverente, ipnotica, è musica notturna per definizione, fa compagnia e non ne pretende, ma pure invita a ballare, ma che la luce sia al massimo un neon fioco, meglio niente, però, un museo d’ombre e basta. Sta benissimo senza far niente, due tartine al pomodoro, due olive ed un bicchiere di whisky che sa di torbiere non troppo lontane dal mare.
Come certi vestiti di sartoria buona, ch’io non posseggo, Red Clay di Freddie Hubbard s’abbina bene a tutto. Financo se sei alla cassa d’un supermercato. Ma certe atmosfere meritano giusta cornice in illuminazioni di strade deserte, dove la sorpresa è persino un gatto che s’è fregato un sacchetto dell’immondizia. Brano che ha in sé un difetto fondamentale che lo accomuna ai precedenti, ad un certo punto finisce. Allora v’è il fastidioso compito di riavviarlo. Fortuna che non dura poco. Consiglio di sorbirselo con pane e salame, che fa venir sete, dunque, prima di procedere all’ascolto, valutate di avere scorte sufficienti di bibite giuste, che non sto a dirvi quali siano, in ciò si parrà la vostra nobilitate (parafraso, pure male)
Mi capita spesso di ascoltare questa versione immaginifica di Maiden Voyage quando sono in strade antiche, che percorri piano poiché la curva nasconde segreti imperscrutabili. Pezzo da viaggio in solitaria esplorazione per eccellenza, reca in sé anche qualcosa di profondamente peccaminoso, poiché s’avventura nei meandri più remoti dell’intimo. Forse va persino condiviso, ma rispettando il silenzio che si deve al già formidabile dialogo tra tasti. Con cautela, se non siete in altre faccende affaccendato, accompagnatelo con biscotti al miele ed un vino ambrato, forse anche un passito da uve d’isole perdute.
Ian Garbarek, quando fa questo pezzo pare ti dica fanne ciò che vuoi, ma ciò che è giusto è altro: devi metterti su uno scoglio, in quelle giornate grigie, quando cielo e mare si contendono a colpi di sfumature cangianti l’egemonia sull’orizzonte. Non dimenticare le sigarette, non puoi contare su un tempo limitato e dove sei non c’è tabacchi. Pure c’è un po’ di vento che sa di sale, mi raccomando il cappello, e la borraccetta con la grappa, qualora servisse.
E voi avete colonne sonore?
Di solito è la musica che mi viene cercare… 😉
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Io me la porto dietro, non si sa mai non mi trovasse.
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Ti trova la musica del mare. 😀
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Quella ce l’ho in dotazione.
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Seguiro’ le istruzioni di accompagnamento per brani che sempre ho amato . E non vorrei mai svanire nell’oceano , non ancora , non sono pronta , devo ascoltare ancora un sacco di musica .
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Bene, e per certe istruzioni si va d’istinto, non serve bugiardino.
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Sì, ma nessuno la vuole ascoltare.
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Ci sono orecchie al di sopra d’ogni sospetto.
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La musica è così, ti prende, ti rapisce, ti conduce in luoghi talora sconosciuti, richiama alla mente memorie, più o meno lontane, emergono ricordi di ogni genere. Alcuni ti frantumano l’anima per la nostalgia, ma la musica è una delle meraviglie che possediamo!
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E per fortuna, direi😄🎶
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Assolutamente d’accordo, una fortuna immensa! 😄🎵🎶🎵🎼
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👍😄
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👍🍷🍷😄😄😄
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Posso stare parecchio tempo in silenzio ma la musica più che le parole viene a mancare. Tutta la vita è infinita colonna sonora; lo stato d’animo e la diversità dei luoghi, le emozioni in attesa fanno la scelta musicale e quando le cose coincidono l’ascolto è ottimale…personalmente in questo istante sono vicina al brano eccezionale di Charles Mingus che hai postato
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Il vecchio Charlie sta bene con tutto, in effetti. È musica in permanenza.
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già… 😉
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Vanno benissimo i brani da te citati, come colonna sonora. Ad essi non potrei che aggiungere Billie, Louis, Miles… E perché no:Chopin, Hendrix, Doors… Però anche tanto reggae. Insomma, non me la cavo più.
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Eh, infinite le vie d’un pentagramma.
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Wow! Che articolo (/riflessione) meraviglioso!!!
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Grazie 🎶🎶
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Buon pomeriggio🌹🌹🌹
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Anche a te 🙂
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In valigia sempre!
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La musica fa parte della nostra vita, sempre!!!!
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🙂🎶🎸🎷
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Io ce l’ho. Te la preparo.
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Perfetto 🎶
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Mi chiedo sempre come possa esistere una vita senza musica, sarebbe vuota…
A me aiuta soprattutto ad esprimere le emozioni che a volte reprimo per paura di esternare 🙏🏻💚
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Semplicemente una vita senza musica non pare tale, poi, ché sono un po’ rompi…ni, va pure detto per quale musica val la pena vivere.
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