L’Arcivernice

Dalla creazione del mondo, la barbarie umana non ha fatto un solo passo verso il progresso. Nel corso dei secoli, l’abbiamo soltanto ricoperta con una mano di vernice, nient’altro.” “(Il vagabondo delle stelle”, Jack London, gennaio 1876) Che pure a me tocca di scrostare qualche patina per un po’ di musica che mi ricordo.

Che abbiamo questo straordinario lusso di essere clienti del tempo, magnifico, unico, abilissimo, inimitabile imbianchino. Che copre le vergogne, e, pure tra le croci a perdere di memoria per chi s’arrende, ci regala l’immagine a patina splendente di chi resta, che ci viene voglia d’andare a vedere – in talune, di recente assai numerose, circostanze – dov’è la data di scadenza che ci tocca, se in marsupio di DNA, o scritto a neon sull’ultima stella a destra, quella accanto al magazzino delle scope.

Che di voli del Grande Tacchino, in un anno, m’è parso d’averne visti, a me di canto, tanti di quei tanti che la metà mi bastavano a gloria futura, né m’aggrada più di dire che io c’ero, mi vien d’aggiungere semmai, si, partecipai, ma con somma cautela. Che se rimpianto m’è dato è dell’adamantina figura di Pier Cloruro da Lambicchi, di cui m’aggraderebbe in uso l’Arcivernice, di ritratti da ripassare a patina nuova ne ho a iosa. Ci ho però sospetto, a tratti fondato su fatti comprovati – ed ho qui la fotocopia a testimonio di documentazione bibliografica – che non farei eccessivi favori se ricoprissi la prima mano con la seconda. Dunque, dilaniato dall’incertezza se impugnare pennellessa e rullo, saluto gli andati, che non ho fretta di raggiungerli, neppure però mi dispiacerà più di tanto quando ciò dovesse avvenire.

E, a sommo di superbia, faccio presente che Marx è morto, pure Brecht – che tutti siamo avvolti in opera da meno di tre soldi – e tanti ancora, a ricoprire intonaci scrostati, e perciò m’insospettisce un certo mal di testa che m’attanaglia da stamattina. Poi mi riannullo, mi rifaccio signor nessuno, che m’è dato di riconoscermi tale, che più prosaiche spiegazioni ho in fondo al bicchiere quali cause o concause, e d’aspirima confido di rimaner tra il peggio ancora un po’, non foss’altro che per prendermi il lusso di vedere come va a finire.

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17 risposte a "L’Arcivernice"

  1. È che vernice si corrode più o meno lentamente, Giò
    Nutro un sano desiderio di emulazione del tuo argomentare delicato, eppure chiaro.
    Ho acquistato un bidone di vernice trasparente, mi ci sono immersa.
    Sarà salutare ?
    E sì, vorrei proprio vedere come va a finire almeno quelle due , tre… cosuccie più calde. Ciao

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  2. Animo, Giò. Che direbbe de Saussure? Che sei troppo vecchio per dichiararti tale 🙂 e
    che da un passaggio all’altro c’è un tempo che tutto annulla e tutto mantiene in vita.
    Così come le tue foto mantengono splendidamente in vita passaggi degli oggetti, dei momenti .. scene senza tempo.
    E poi, tu mi insegni, in fondo a un bicchiere pure l’Eternità si fa mare (mi scuso con Rimbaud per la parafrasi). Alla tua 🍷🍷

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